mercoledì 30 settembre 2020

Inps, addio Pin: dal 1° ottobre si usa lo Spid. Cosa cambia

Per gli attuali possessori di Pin il passaggio allo Spid avverrà comunque in maniera graduale. Chi ha già le credenziali potrà continuare ad usarle per una fase transitoria


SPID: identità digitale gratuita per sempre

Tutti i gestori delle identità digitali SPID forniranno anche in futuro gratuitamente le credenziali per l'identità digitale, di livello 1 e 2.

A partire da domani l’Inps non rilascerà più il Pin, ossia il codice numerico, come credenziale di accesso ai servizi dell’istituto. Il Pin sarà sostituito da Spid, il Sistema pubblico di identità digitale che permette di accedere ai servizi online della pubblica amministrazione

Per gli attuali possessori di Pin il passaggio allo Spid avverrà gradualmente secondo le istruzioni fornite con la circolare Inps 17 luglio 2020, n. 87, che prevede una fase transitoria che si concluderà con la definitiva cessazione della validità dei Pin rilasciati dall’Istituto.

Spid, a cosa serve e come funziona

Lo Spid, spiega l’Inps, consente agli utenti di interagire con l’Istituto, con l’intero sistema pubblico e con i soggetti privati aderenti. In base al Regolamento eIDAS, l’identità digitale Spid (con credenziali di livello 2 o 3) può essere usata per l’accesso ai servizi in rete delle Pubbliche Amministrazioni dell’Unione europea.

Grazie ai vari livelli di autenticazione dello Spid, l’Inps potrà abilitare nuovi servizi che richiedono una maggiore affidabilità nella fase di riconoscimento dell’utente. I Pin in possesso degli utenti conserveranno la loro validità e potranno essere rinnovati alla naturale scadenza fino alla conclusione della fase transitoria la cui data verrà successivamente definita.

Che fine fa il Pin temporaneo

Il passaggio da Pin a Spid non ha effetti sul servizio di Pin temporaneo. Gli utenti che accedono ai servizi Inps attraverso le credenziali Spid, Cns (Carta Nazionale dei Servizi) o Cie (Carta d’Identità Elettronica) potranno, infatti, continuare a richiedere il Pin telefonico temporaneo utile per la fruizione dei servizi tramite Contact Center. Attraverso la funzionalità “Pin Telefonico” presente su MyInps è possibile scegliere di generare un Pin temporaneo la cui validità può essere di un giorno, una settimana, un mese o tre mesi.

Chi potrà ancora usare il Pin dispositivo

Il Pin dispositivo sarà mantenuto per gli utenti che non possono avere accesso alle credenziali Spid, come:

  • i minori di diciotto anni;
  • le persone che non hanno documenti di identità italiana;
  • le persone soggette a tutela, curatela o amministrazione di sostegno, e per i soli servizi loro dedicati.

Tutti gli altri utenti dovranno pertanto dotarsi di credenziali di autenticazione alternative al Pin.

Inps, le alternative al Pin

L’Inps ricorda che gli strumenti di autenticazione elettronica attualmente utilizzabili in alternativa al Pin per accedere ai servizi offerti sul portale Inps sono:

  • Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid);
  • Carta d’Identità Elettronica (Cie);
  • Carta Nazionale dei Servizi (Cns);

Spid, come richiederlo

Per richiedere e ottenere le credenziali Spid bisogna essere maggiorenni, spiega l’Inps, e per chi è residente in Italia:

  • un indirizzo email;
  • il numero di telefono del cellulare usato normalmente;
  • un documento di identità valido (uno tra: carta di identità, passaporto, patente)*;
  • tessera sanitaria con il codice fiscale*.

Per i residenti all’estero servono:

  • un indirizzo email;
  • il numero di telefono del cellulare che usi normalmente;
  • un documento di identità italiano valido (uno tra: carta di identità, passaporto, patente)*;
  • il codice fiscale;
  • il tesserino della tessera sanitaria o del codice fiscale costituiscono ulteriori elementi a supporto del processo di verifica dell’identità che concorrono a contrastare, grazie alla verifica dell’autenticità degli stessi su basi dati nazionali non pubbliche, il furto di identità.

* Durante la registrazione può esser necessario fotografarli e allegarli al form da compilare.

Spid, cosa bisogna fare per ottenerlo

Per ottenere lo Spid occorre scegliere uno tra gli Identity provider e registrarsi sul loro sito.
La registrazione consiste in 3 step:

  • inserisci i dati anagrafici;
  • crea le tue credenziali Spid;
  • effettua il riconoscimento.

I tempi di rilascio dell’identità digitale dipendono dai singoli Identity Provider.

Come scegliere tra i diversi Identity provider

Gli Identity Provider forniscono diverse modalità di registrazione gratuitamente o a pagamento e i rispettivi Spid hanno diversi livelli di sicurezza. La lista degli Identity Provider fornisce un quadro della situazione.

In particolare l’Inps consiglia di fare attenzione ai seguenti parametri:

  • scegli la modalità di riconoscimento che ti risulta più comoda (di persona, tramite Carta d’Identità Elettronica (Cie)*, Carta Nazionale dei Servizi (Cns), Firma Digitale o tramite webcam);
  • scegli sulla base del livello di sicurezza di Spid che ti serve;
  • se sei già cliente di uno degli Identity Provider, potresti avere un flusso di registrazione semplificato;
  • se sei un cittadino italiano residente all’estero, fai attenzione a chi offre il servizio per l’estero.

* Sono accettate solo le Carte d’Identità Elettroniche 3.0, ovvero quelle che non hanno la banda ottica sul retro della tessera in plastica.

Tag: Inps Spid

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SPID: come ottenerlo anche senza Identity provider e cosa fare se si perdono le credenziali

venerdì 25 settembre 2020

Regionali: è 3 a 3 ma il vincitore è Zingaretti

 

Dalla Puglia e dalla Toscana è possibile ricavare utili suggerimenti. Soprattutto da Giani che non solo ha sconfitto tutti i pregiudizi nei suoi confronti; ha saputo anche creare un saldo schieramento proprio grazie al suo profilo di riformista, socialdemocratico, laico, dialogante, inclusivo.

Non credo che i risultati del 20 e 21 settembre siano tali da provocare sconvolgimenti negli assetti politici attuali. Anzi, penso proprio che abbiano dato una boccata di ossigeno ai sostenitori dell’alleanza PD-5Stelle. Anche perché il centrodestra ha ottenuto un risultato ampiamente deludente. Soprattutto ha indebolito la leadership di Matteo Salvini insidiato all’interno della Lega dal presidente del Veneto, Luca Zaia anche se nemmeno la Segretaria di FdI, Giorgia Meloni ha motivo di gioire e deve, al momento, accantonare le ambizioni di essere lei la locomotiva dello schieramento.

La vittoria del Si al referendum era ampiamente annunciata. Il No è stato superiore a quanto potevano lasciare intendere le condizioni della informazione riguardo al quesito referendario. E, comunque, il risultato numerico raggiunto dai contrari alla riforma, oltre il 30 per cento, stride grandemente con il numero esiguo di senatori, appena il 3%, che si opposero in parlamento. Il taglio dei parlamentari non sarà un dramma se si terrà fede alle promesse di apportare i dovuti correttivi agli effetti collaterali che rischia di provocare questa riforma costituzionale abborracciata e confusa.

Ma saranno piuttosto i risultati delle sei Regioni più importanti dove si è votato a fare a movimentare la nostra politica. Il più soddisfatto è certamente Nicola Zingaretti che non a caso, è stato il primo a sottoporsi alle interviste delle reti televisive. Le funeree previsioni della vigilia che lo riguardavano sono state smentite dai risultati. Ha salvato Toscana e Puglia e nelle Marche la sconfitta è stata più che onorevole.

Al contrario di Zingaretti, pronosticato perdente ed uscito vincitore, Salvini ha fatto il percorso a ritroso. La straripante vittoria della Lega in Veneto appartiene in realtà a Zaia e non si sa quanto possa rendere felice il leader della Lega. Lo schieramento di centrodestra resta ancora la forza maggiormente presente nel Paese (purchè unito).

Per Zingaretti, il PD ed una più o meno vasta area laica e riformista che non ha riferimenti di partito, i risultati delle regionali suggeriscono di riflettere sul modo migliore di dare vita ad uno schieramento altrettanto forte da contrapporre al centrodestra a livello nazionale. Dalla Puglia e dalla Toscana è possibile ricavare utili suggerimenti. Soprattutto da Giani che, rispetto ad Emiliano risponde maggiormente ai canoni della politica classica. Giani ha vinto combattendo contro nemici interni ed esterni. Ha superato la maledizione che vuole che la sinistra abbia proprio a sinistra i suoi maggiori nemici. Ed era predestinato ad averli, a causa del suo pedigree socialista. Ecco, non solo ha sconfitto tutti i pregiudizi nei suoi confronti; ha saputo anche creare un saldo schieramento proprio grazie al suo profilo di riformista, socialdemocratico, laico, dialogante, inclusivo. Che sia questo il profilo giusto che dovrebbe avere il partito che manca in Italia e del quale c’è così tanto bisogno?

Nicola Cariglia | 21 Settembre 2020

mercoledì 23 settembre 2020

Serena Bontempelli eletta nuova segretaria generale della Uil Pensionati Lombardia

Si è svolto oggi a Milano alla presenza del segretario generale UILP Carmelo Barbagallo, il congresso straordinario dei Pensionati Uil della Lombardia. All’ordine del giorno l’elezione della nuova segretaria generale dei Pensionati della Lombardia e della segreteria.

Al vertice dei pensionati lombardi è stata eletta Serena Bontempelli, già segretaria confederale regionale. Bontempelli, votata all’unanimità, arriva a ricoprire il ruolo di segretaria generale dopo un periodo in cui la categoria era stata commissariata. La nuova segretaria generale dei pensionati della Lombardia sarà affiancata, in segreteria, da Valeria Cavrini, Cesare Meini e dalla tesoriera Silvia Gerli.

Piena soddisfazione da parte del segretario generale Uil Milano Lombardia Danilo Margaritella: «Era necessario ritrovare una guida per i pensionati della Lombardia – dichiara - che possa dare un nuovo impulso alla categoria. Serena Bontempelli rappresenta il giusto connubio tra determinazione e impegno. Un impegno che il sindacato dedica costantemente al tema delle pensioni contrariamente al governo. I pensionati, infatti, grandi assenti dalla contrattazione, hanno svolto e svolgono un ruolo centrale come veri e propri ammortizzatori sociali sostenendo le famiglie dove è presente un disoccupato o un inoccupato. E’ necessario pensare al futuro con la fissazione di un’età anagrafica e di un periodo contributivo certo, ma soprattutto dobbiamo concentrare l’attenzione sulla rivalutazione delle pensioni congelate ormai da anni».

Pronta al nuovo ruolo anche la neosegretaria generale dei pensionati lombardi della Uil Serena Bontempelli: «E' urgente chiedersi – ha sottolineato - cosa significhi oggi rappresentare gli anziani in Lombardia. Per noi vuol dire intercettare le reali esigenze delle persone: andare oltre le RSA per un nuovo abitare, aumentare il potere d'acquisto dei pensionati, che va oltre la pur sacrosanta rivalutazione delle pensioni, sviluppare e diffondere la conoscenza dei bisogni degli anziani, approfondire una nuova cultura dell'invecchiamento per la partecipazione attiva alla vita sociale. Crediamo sia importante andare oltre gli stereotipi sulla vecchiaia, e Milano e la Lombardia storicamente sono il luogo giusto per fungere da laboratorio per nuove politiche di cittadinanza».  

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domenica 13 settembre 2020

Muri, muraglie e barriere nella disfida elettorale medioevale di Donald Trump

 

Donald Trump (by Antonio Giambanco/VNY).

In tutte le società antiche e medioevali le mura erano sempre esistite a difesa da assalti di conquistatori esterni. Appunto: antiche e medioevali...

Sempre mi è farfugliato nella mente il quesito da quando entravo nel castello turrito della Margana, Hospitale dei Cavalieri Teutonici, e dagli spalti merlati ammiravo la libera distesa del grano, bionde onde rilucenti, e mi estasiavo alle libere fiumare e alle cime incontaminate di fronte, giù lo sguardo nello spacco dei merli. Qui c’era la difesa della roccia elevata. In quelli libreschi della cavalleria medioevale, quello per esempio danese di Krongorg ad Helsingor, detto di Amleto, aveva un ampio fossato e un ponte levatoio. Quello, sì, a prova di entrata, come non lo sono quelli del signor Trump e di Israele. Celebri i tunnel sotterranei scavati dai Palestinesi e anche dai Messicani.

Mura medioevali a Siena

Dalla origine delle città diffuse come società chiuse a difesa di comuni proprietà ed interessi, si è resa necessaria la costruzione di mura di protezione dagli attacchi di conquistatori esterni. E servirono fino a quando gli assalitori erano gruppi isolati. Si resero vana illusione, quando il nemico era numeroso ed agguerrito. La domanda iniziale giunge a proposito: il nemico con l’assedio poteva affamare le città, mentre non aveva problemi di vettovagliamento. Le Lunghe Mura di Atene del 487 a.C. non impedirono a Sparta di vincere la trentennale Guerra del Peloponneso e di abbatterle nel 404 a. C. Così la gara ad intersecare muri tra Siracusani ed Ateniesi assedianti non impedì alle navi degli Ateniesi assalitori di marcire nel porto di Ortigia e di perdere la guerra con la battaglia dell’Asinaro del 413 a.C. Fu la lotta che dissanguò l’Atene della Lega Attica e la Sparta della Lega dorica. Le avrebbe scalzate il predominio di Tebe.

Si trattava sempre e comunque di mura di difesa da un “nemico” assalitore e conquistatore esterno.

Per questo motivo nel 215 a.C. l’imperatore cinese Qin Shi Huang, quello del mirabolante esercito di terracotta di X’ian, avviò la costruzione della Muraglia che durò per secoli e fu ripresa e proseguita ancora nel XIV secolo dalla dinastia Ming. Oggi dalla misurazione con raggi infrarossi e GPS risulta 8.859 Km, che con ramificazioni, trincee e difese naturali raggiunge i 21.196 km. Chi l’ha visitato può concordare con l’UNESCO che nel 1987 l’ha dichiarata patrimonio dell’Umanità e nel 2007 è stata inserita fra le Sette Meraviglie del Mondo Moderno. Essa servì a difendere la Cina dall’invasione dei Manciù e dei Mongoli. Soltanto alla fine, assorbita la Mongolia, il cosiddetto Salice Palisade, fu costruito dai Qing in Manciuria, non per difesa, ma per controllo e ostacolo alle migrazioni.

Questo scarno promemoria era necessario per ribadire che in tutte le società antiche e medioevali le mura erano sempre esistite a difesa da assalti di conquistatori esterni.

L’uso improprio delle mura per chiudere dentro i confini i propri cittadini ed impedire che espatriassero avvenne con la costruzione dal 1961 al 1989 del Berliner Mauer da parte della DDR o Germania dell’Est, ufficialmente da essa giustificato come Antifaschisticher Scutzwall. Siamo alla nascita della lunga ed ideologica Guerra Fredda, come progetto di egemonia politica, militare ed economico mondiale. Si trattava di un sistema di recinzione in calcestruzzo di 156 km, alto 3,6 metri. Sappiamo delle vittime procurate e della successiva illusione del suo entusiastico e televisivo abbattimento con vendita di pezzi per ricordo e cimelio. Fu l’avvio della caduta, assieme al muro, delle ideologie, che nel bene e nel male avevano reso possibile un equilibrio globale e avevano assicurato nella dialettica degli opposti decenni di pace. Tacciamo della vergognosa svendita della Germania Est sotto il cancelliere Helmut Kohl con la semplice annessione a quella federale e la fine delle speranze di uguaglianza e di riscatto degli antecedenti comunisti. Ne sappiamo ancora oggi qualcosa noi Siciliani con la brutale annessione plebiscitaria al Regno di Sardegna e il travaso tout court delle leggi e del diritto del conquistatore. La lunghissima carriera di Kohl, più lunga di quella di Bismarck, si sarebbe chiusa con lo scandalo dei fondi del partito. Ironia della sorte una compatriota dell’Est, Angela Merkel, ha governato e governa nella Repubblica federale tedesca.

Betlemme, 27 dicembre 2018: murales sul muro di separazione (Foto Karin Troiani)

Se i comunisti invocavano l’antifascismo per giustificare il loro muro, più raffinati sono gli Israeliani che chiamano il loro muro “barriera o muro di separazione israeliana” e così soltanto viene identificato dalla patriottica Wikipedia. La costruzione cominciò nel 2002 con il nome di “security fence”, chiusura di sicurezza israeliana o barriera antiterroristica. I Palestinesi chiamano la barriera muro della vergogna o muro dell’annessione o muro dell’apartheid muro, di separazione razzista. Esso annette le colonie israeliane e quasi la totalità dei pozzi e si discosta in alcuni tratti fino a 28 km dalla linea verde. Il tracciato di 730 km alterna muro e reticolato con barriere e porte elettroniche. Esso continua ad espandersi nonostante la condanna dell’Assemblea dell’ONU del 2003 e quella della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia del 2004. Per chi lo ha visto dalla parte palestinese essa offre uno spettacolo surreale per la mastodontica altezza e la solidità del muro che si perde infinito alla vista. A renderlo più umano la serie dei colorati murales.

In attesa che qualche Stato ex-comunista dell’Unione europea pensi di erigere il proprio muro, pur ricevendo sovvenzioni da Bruxelles, non ci resta che parlare dell’”AMERICAN PROUD” di Trump, sul quale gioca d’azzardo, assieme ai razzisti palesemente assassini, per rasserenare l’anima buona dei possidenti dell’America delle pianure e dell’interno, fermi assertori del II emendamento del 1787, ancor prima dell’epopea del selvaggio West: «Essendo necessaria, per la sicurezza di uno Stato libero, una Milizia ben organizzata, non sarà violato il diritto del popolo di tenere e portare armi», non solo per lo Stato libero, ma per ammazzare il vicino o il compagno di scuola.

Parlare però del muro del Mexico come invenzione geniale di Trump, sarebbe farlo troppo intelligente.

A scanso di equivoci e di accensioni esclusivamente razziste bisogna dire come stanno realmente le cose. Anche i governanti statunitensi non sono meno ipocriti degli Israeliani e per non usare il termine “muro” che hanno esecrato a Berlino e del quale hanno fatto il loro vessillo di democrazia e libertà, definiscono il loro “muro”, “barriera di separazione tra Stati Uniti d’America e Messico”. Più volgarmente “muro messicano” o “muro di Tijuana”. Naturalmente come avviene per il caso israeliano i Messicani lo chiamano “Muro della vergogna”.

Ad inventarlo fu George H.W. Bush nel 1990 nell’ambito del progetto frontaliero della “Prevenzione attraverso la Deterrenza” con recinzioni ed ostacoli, soprattutto nell’area di San Diego. Nel 1993 fu completato il primo tratto per 22,5 km. Seguì poi il buon Clinton (1993-2001) che proseguì l’opera rafforzandola con la vigilanza fissa della polizia di frontiera. Il salto avvenne il 15 dicembre 2005 con l’approvazione del rafforzamento della barriera con un muro di 1.123 km. Il 13 settembre 2006 il Congresso approvò a larga maggioranza (con voto anche di Obama, sì) la risoluzione 6061 (H.R. 6061), Secure Fence Act, firmata da George W. Bush nell’ottobre del 2006. A differenza della ciclopica opera muraria cinese o del calcestruzzo israeliano, quello americano fu progettato in lamiera metallica sagomata dell’altezza variabile dai due ai quattro metri nella frontiera tra Tijuana e San Diego. È illuminato con luci fortissime e visione notturna e connessione alla polizia oltre ai controlli con gip ed elicotteri armati. La splendida tecnologia ad uso militare. Il sistema ecologico ne è uscito irrimediabilmente sconvolto, non tenendosi conto della distruzione del territorio, non rispettando neppure degli agglomerati urbani, da San Diego in California a El Paso in Texas. Sono stati deturpati parchi naturali (il Cabeza Prieta National Wildlife Refuge e l’Organ Pipe Cactus National Monument) e luoghi sacri dei nativi come il Tohono O’odham con il suo Monument Hill, distrutto l’ambiente ecologico di flora e fauna, tra millenari cactus, volatili e giaguari spaesati. Commesse miliardarie alla società (sponsor di Trump) Fisher Sand and Gravel (Bannon ne potrebbe sapere qualcosa), trenta milioni di dollari a miglio, sotto l’alibi dell’emergenza nazionale. Qui sta la sostanziale differenza della propaganda esacerbata a fini elettorali di una tragedia anacronistica e vituperata in altre nazioni.

Naturalmente lo scotto in vittime supera in termini esorbitanti quello del muro di Berlino. I cosiddetti “caduti al muro di Berlino” (Todesopfer an der Berliner MauerMaueropfer o Mauertote) dal 13 agosto 1961 al 9 novembre 1989, morti per mano della polizia di frontiera o per semplici incidenti, furono 138 (98 fuggitivi) secondo il Centro di Ricerca sulla Storia Contemporanea (ZZF), finanziato dallo Stato tedesco, 245 secondo l’associazione Arbeitsgemeinschaft 13. August, che gestisce il museo del celebre Checkpoint Charlie. Di contro ai governanti di qualsiasi collocazione politica la Commissione nazionale per i diritti umani nel Mexico, in consonanza con l’American Civil Liberties Union (ACLU), calcolano tra il 1994 e il 2007 circa cinquemila morti.

Pur considerando i fortunati che sono riusciti a passare costruendo tunnel sotto le difese incalcolabile e per lo più non censita è la strage del deserto di Sonora che non perdona per l’asperità del territorio e le micidiali temperature. Un lungo cammino di 80 km in un deserto cosparso di ossa umane, fino alla riserva indiana di Tohono O’odham. Non più propizia risulta in Arizona l’avventura verso il lavoro e la libertà attraverso l’impervio e letale monte Baboquivari.

Il muro barriera al confine con il Messico

Per chi assiste allo sventramento e allo sconvolgimento di quel magico territorio con i tipici cactus e le aspre montagne non può che inorridire davanti alla pazzia umana. Dai tempi di quel cosmopolitismo sognato da Alessandro Magno, sì, anche con il suo ellenismo unificatore che portò alla tragica scomparsa della cultura egiziana e persiana, non si sarebbe mai potuto immaginare che in un cosmo globalizzato dalla finanza e dai social, potesse verificarsi una tale disastrosa involuzione, quel tanto vaticinato “Medioevo prossimo venturo”. Dal sogno del Governo mondiale in un giro di pochi decenni siamo giunti al proliferare di miseri nazionalismi, miopi esecutori davanti all’incalzare della finanza. Perché si guarda ormai allo straniero come a un nemico, al “prossimo”, cristiano o non, come un possibile defraudatore della propria ricchezza e del proprio benessere. La tragedia dell’egoistica court yard delle villette anglosassoni in legno.

Negli USA nessuno o pochi comprendono di essere “geneticamente” un miscuglio di razze e popoli, dagli autoctoni ormai distrutti e chiusi nella prigione delle riserve a tutta la miriade di emigrati venuti da ogni angolo più sperduto del mondo. Non esistono purosangue. Gli USA non sono potenti e ricchissimi per i pochi anglosassoni conquistatori e autori di genocidi, ma per il lavoro e le intelligenze di tante stirpi, ognuna con la propria professionalità e cultura. E si dica pure che le guerre, dall’intervento nella prima mondiale alla seconda, e quelle più recenti accese e quasi mai vinte dalla Corea al Vietnam, alle guerre più cronologicamente vicine in Somalia, in Iraq, in Siria, sono state combattute per lo più da soldati di colore, con il loro pesante tributo di sangue. Fino a quando non si è pensato che era più asettico e indolore per loro usare droni e contractors, mercenari anonimi in confronto ai celebri “condottieri di ventura” degli eserciti medioevali e rinascimentali (XIII-XVI secolo), come il Giovanni dalle Bande nere o John Hawkwood.

Ecco per chiudere il cerchio del “Medioevo prossimo venturo”. Le reazioni al Covid lo stanno rendendo palese e assiomatico.

sabato 5 settembre 2020

E’ dura scegliere tra uomini e programmi fatti con lo stampino

 

- Poiché una scossa al nostro Paese non potrà nascere da questa classe politica, ovunque collocata, mi auguro (con non molte speranze) che il più sonoro dei NO faccia saltare questa inutile riforma, buona solo per i 5Stelle bisognosi di esibire un trofeo.-

Ha scritto sul Messaggero Luca Ricolfi, che in Italia i contributi vengono dati a pioggia, come aiuto o risarcimento. Dunque, secondo una visione assistenziale. Non vengono cioè dati con l’obbiettivo di  creare nuova ricchezza. Il sociologo giornalista, non lo ha affermato esprimendo un giudizio politico o generico. Si è riferito a quello che sta avvenendo, da parte di questo governo come misura per fronteggiare la crisi economica derivante dalla attuale pandemia. Ma non per questo hanno da essere lieti gli oppositori dell’esecutivo giallorosso. Perché, imparziale e minuzioso. Ricolfi ha tolto subito ogni illusione agli oppositori di oggi, ricordando, soprattutto alla Lega, che quota cento per le pensioni e il reddito di cittadinanza, due delle misure che maggiormente incidono sulle casse dello stato, senza alcun beneficio riflesso per la collettività e per la crescita economica, sono “capolavori” da addebitare alle forze politiche che maggiormente avevano profittato della politica spendereccia della classe politica precedente.

La considerazione di Ricolfi è giusta e sconfortante. Ci mette, come Paese, di fronte ad una realtà durissima l’alternanza dei governi non ha senso alcuno visto che tutti fanno le medesime cose. Il che vale anche nella politica politicante, nelle riforme elettorali e, addirittura, nelle riforme costituzionali. Tutti hanno lasciato la loro impronta lungo un percorso che ci ha portato sempre più in basso nella illusione di favorire i piani della propria parte politica. Fino dai tempi della “prima repubblica”, la più grande maledizione che impediva di portare a compimento vere e grandi riforme, capaci di fare invertire il senso di marcia, era l’instabilità dei governi: la loro scarsa durata, mediamente poco più o poco meno di un anno. Si diceva, all’epoca, che anche un governo di cretini sarebbe stato meglio di un governo di fenomeni, purchè durasse una intera legislatura. Ed è in nome di questa stabilità che sono state varate norme elettorali che non solo non raggiungevano l’obbiettivo ma erano vere e proprie truffe. Eppure, una possibile soluzione era a portata di mano. Tutti la conoscevano ma nessuno l’ha mai nemmeno tentata. Diversi Paesi europei l’hanno inserita della loro Costituzione, ma l’esempio più citato è quello della Germania federale, già dal 1949: un Cancelliere non si sostituisce se non ci sono già i voti per nominarne un altro. Ma, piaccia o non piaccia, queste sono cose che si fanno quando si pensa all’interesse generale, non a favorire qualcuno o sfavorire qualcun altro. 

Non sfugge a questo infimo livello il taglio dei parlamentari per approvare definitivamente o per respingere il quale ci recheremo a votare il 20 e 21 settembre. Di serio non cambierà niente, quale che sia l’esito. Ha raccolto in parlamento una quasi unanimità di facciata ma c’è da giurare che la maggior parte dei deputati e dei senatori speravano che qualche incidente ne avrebbe impedito il taglio del traguardo. Ecco, poiché la penso come Ricolfi e sono convinto che una scossa al nostro Paese non potrà nascere da questa classe politica, ovunque collocata, mi auguro (con non molte speranze) che il più sonoro dei NO faccia saltare questa inutile riforma, buona solo per i 5Stelle bisognosi di esibire un trofeo. Gli effetti di questo NO potrebbero essere una buona partenza per fare deflagrare gli  attuali vischiosi equilibri e aprire una fase interessante con la nascita di qualche soggetto nuovo.

Nicola Cariglia | 31 Agosto 2020 Ponte PensaLibero 

 


mercoledì 2 settembre 2020

Pensioni nel Sud Italia: tutte le agevolazioni del Fisco

 

L'Agenzia delle Entrate illustra tutte le agevolazioni, anche per chi è già titolare di una pensione italiana e per gli emigrati italiani.

Vivere da pensionati nell’Italia meridionale, oggi, può essere davvero conveniente. Non solo per gli stranieri titolari di trattamenti pensionistici esteri, ma anche evidentemente per gli emigrati italiani e per chi è titolare anche di una pensione italiana. Lo conferma con risposta a specifico interpello l’Agenzia delle Entrate.

Doppia pensione
Se nel corso della sua vita il pensionato ha versato contributi sia al sistema pensionistico estero sia a quello italiano (come l’INPS), maturando due differenti trattamenti pensionistici, in entrambi i paesi, può in ogni caso di fruire del regime fiscale agevolato (imposta sostitutiva sui redditi al 7%) se si sceglie il trasferimento di residenza nel territorio italiano.

Ovviamente, quanto sopra è in relazione alla pensione e ai redditi esteri. I redditi di pensione erogati dall’INPS o altra cassa italiana saranno infatti tassati con il regime ordinario.

Nazionalità
Non ha importanza la nazionalità del soggetto, purché sia soddisfatto il presupposto della residenza fiscale all’estero per il periodo indicato dalla norma e che l’ultima residenza sia stata in un Paese con il quale siano in vigore accordi di cooperazione amministrativa in ambito fiscale.

Sud Italia
Il beneficio scatta per chi sposta la residenza in uno dei comuni del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia con popolazione non superiore a 20.000 abitanti) o in uno dei comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti delle zone colpite dai terremoti del 2016 e 2017 (compresi negli allegati 1, 2 e 2-bis al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016, n.229).