sabato 19 dicembre 2015

DANILO DALINOVIC AL CENTRO ANZIANI RICORDI DI VIA BOSCOVICH

VENERDì 18 dicembre 2015-JL TENORE DANILO DALINOVIC




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LA VEDOVA ALLEGRA (operetta)

Tessera associativa alla Rete dei Centri Socio Ricreativi per anziani

COORDINAMENTO PROVINCIALE PARTECIPANTI CENTRI ANZIANI E ORTISTI
Riceviamo e Diffondiamo

Buongiorno, 

con la presente si ricorda che, ai sensi della Convenzione firmata con il Comune di Milano, la tessera associativa alla Rete dei Centri Socio Ricreativi per anziani, in qualunque dei 29 CSRC venga fatta, consente di accedere a tutti i Centri della Rete del Comune di Milano e di partecipare a tutte le loro attività, nel rispetto delle norme vigenti. 

Si chiede quindi a tutti i Presidenti, membri del Comitato di Gestione, volontari e tutti i soci, di rispettare e far rispettare questa come tutte le altre regole previste dalla convenzione. 

Cordiali saluti. 

Abbracci, Drinks, e quant'altro al Centro Anziani"Ricordi"


23 dicembre 2015 


Scambio di auguri tra i 
soci del C.S.R.C. per anziani" Ricordi" di Via Boscovich con con inizio ore 15,00



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mercoledì 9 dicembre 2015

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Giovedì 31 dicembre a partire dalle ore 20,00  presso

il Centro Socio Ricreativo Culturale anziani  "Ricordi"

via Boscovich Ruggero 42 , 20124 Milano (MI) 

I soci del Centro si ritroveranno per il tradizionale

   CENONE DI CAPODANNO


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Per informazioni relative agli eventi Tel. 3343170468


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giovedì 3 dicembre 2015

Istat, dramma pensionati. Per il 40% assegno sotto i mille euro al mese

I dati nel 2014: coinvolti oltre 6,5 milioni di persone. Metà delle pensioni incassate al nord

PENSIONI: DAMIANO, TROVARE SOLUZIONE ENTRO SETTEMBRE
Sei milioni e mezzo di persone. Il 40% dei pensionati vive con un assegno sotto i mille euro al mese. 240mila possono contare con una pensione sopra i 5mila euro. Secondo i dati Istat il 25,7% delle pensioni è di importo mensile inferiore a 500 euro mentre il 39,6% ha un importo tra i 500 e 1.000 euro. Al crescere degli importi diminuisce la quota dei trattamenti erogati: il 23,5% dei trattamenti ha un importo compreso tra 1.000 e 2.000 euro mensili, l'8,0% tra 2000 e 3000 euro, il 3,2% supera i 3.000 euro mensili. Gli importi erogati agli uomini sono mediamente più elevati di quelli percepiti dalle donne: redditi fino a 500 euro sono erogati all'11,3% dei pensionati, contro il 13,6% delle pensionate mentre il 9,7% degli uomini riceve un ammontare superiore ai 3.000 euro mensili, contro il 2,9% delle donne. In oltre i tre quarti dei casi (75,8%) i titolari di pensioni sociali percepiscono redditi di importo mensile inferiore a 1.000 euro (il 39,1% non supera i 500 euro). La quota scende a meno della metà tra i pensionati di invalidità, anche civile (rispettivamente 37,1% e 40,9%) e a circa un terzo tra i titolari di pensioni di vecchiaia (28,9%) e tra i superstiti (33,6%). Escludendo i beneficiari di pensioni sociali, la quota più elevata di redditi che non superano i 500 euro si registra tra i titolari di pensioni di invalidità civile: sono il 23,6 contro il 21,2% registrato per le indennitarie, il 7,9% dei superstiti, il 4,8% di quelle di vecchiaia e il 4,7% delle pensioni di invalidita' (Prospetto 12). I titolari di pensioni di vecchiaia (il 26,8%), di pensioni indennitarie (27,5%) e i pensionati di guerra (34,0%) prevalgono invece nelle classi di reddito pensionistico superiori a 2.000 euro mensili.


Numero pensionati in calo Tra il 2011 e il 2014 i pensionati in Italia sono diminuiti di oltre 400.000 unità, tra 16.668.000 del 2011 a 16.259.000 del 2014. Il dato con tutta probabilità risente della stretta sui pensionamenti decisa con la riforma Fornero della previdenza. L'incidenza della spesa sul Pil, in particolare, è però cresciuta di 0,2 punti percentuali, dal 16,97% del 2013 al 17,17% del 2014. Dalla fotografia dell'Istat, emerge inoltre che i pensionati sono 16,3 mln circa 134 mila in meno rispetto al 2013. Ognuno in media percepisce 17.040 euro all'anno (403 euro in più rispetto al 2013) tenuto conto che, in alcuni casi, uno stesso pensionato può contare anche su più di una pensione. Le pensioni di vecchiaia assorbono oltre i due terzi (70,0%) della spesa pensionistica totale. Seguono quelle ai superstiti (14,9%) e le pensioni assistenziali (8,0%); più contenuto il peso delle pensioni di invalidità (5,6%) e delle indennitarie (1,6%). L'importo medio annuo delle pensioni e' di 11.943 euro, 245 euro in piu' rispetto al 2013 (+2,1%).


Reddito dei neo pensionati Il reddito medio dei nuovi pensionati (13.965 euro) e' inferiore a quello dei cessati (15.356) e a quello dei pensionati sopravviventi (17.146), cioe' coloro che anche nel 2013 percepivano almeno una pensione.


Età dei pensionati Quasi un quarto (23,3%) dei pensionati ha meno di 65 anni, la metà (51,9%) un'età compresa tra 65 e 79 anni e il restante q uarto (24,9%) ha 80 anni e più. Il 40,3% dei pensionati percepisce un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese, un ulteriore 39,1% tra 1.000 e 2.000 euro. Il 14,4% riceve tra 2000 e 3000 euro mentre la quota di chi supera i 3.000 euro mensili è pari al 6,1% (4,7% tra 3.000 e 5.000 euro. 1,4% oltre 5.000 euro). Due terzi dei pensionati (66,7%) sono titolari di una sola pensione, un quarto (25,4%) ne percepisce due mentre il 7,8% è titolare di almeno tre pensioni.

Pensioni: Italia maglia nera

Pensioni in Italia adeguate ma nel futuro a rischio povertà per giovani e donne, imponendo a imprese e dipendenti il livello contributivo più elevato: report OCSE.


Il sistema previdenziale italiano è troppo oneroso per le imprese e a rischio povertà in termini di pensioni future per giovani e donne: è l’allarme lanciato dall’OCSE nel rapporto“Pensions at a glance 2015“, che analizza i sistemi pensionistici delle economie del G20. L‘Italia risulta il paese con il più alto livello contributivo con un’aliquota al 33%, per due terzi a carico dell’impresa e per un terzo a carico del dipendente. Le riforme degli ultimi anni, infatti, fra innalzamento età pensionabile e calcolo contributivo, hanno sì migliorato la sostenibilità di lungo periodo ma non risolto  delle pensioni future.

Il livello delle prestazioni per gli attuali pensionati assicura un reddito superiore del 95% rispetto a quello della media nazionale, un livello fra i più alti della classifica internazionale, guidata da Lussemburgo, Francia e Grecia.
Redditi da pensione più alti che in Italia (sempre in termini di percentuale rispetto alla media), anche in Israele, mentre Spagna, Portogallo e Messico sono allo stesso livello. Il problema è che il rischio povertà si è trasferito nel tempo dagli anziani ai giovani: circa il 15% delle persone fra i 18 e i 25 anni sono povere, contro il 9% degli ultra65eeni.
Circa un quarto dei giovani fra i 16 e i 29 anni non studiano e non lavorano (i cosiddetti Neet). Complice la crisi degli ultimi anni, c’è anche un problema legato al crescente numero di lavoratori che si sono confrontati con periodi di disoccupazione, lavoro part-time o precario, con una conseguente interruzione del pagamento dei contributi, e questo avrà un effetto negativo sulle prestazioni future.
«L’effetto di interruzioni di carriera o di ritardi nell’entrata del mercato del lavoro potrebbe essere più elevato in Italia che nei paesi OCSE» si legge nel report, anche perché «nonostante la presenza di alcuni meccanismi che permettono di ridurre in parte l’effetto di carriere interrotte (come l’aumento dei coefficienti di trasformazione per le donne con figli e i contributi versati durante i periodi di disoccupazione), in Italia mancano degli ammortizzatori efficaci che proteggano la pensione dall’effetto di interruzione di carriera».
Le interruzioni di carriera riguardano in particolare le donne:  il 12% delle donne fra i 25 e i 49 anni, contro una percentuale pari all’1% fra gli uomini della stessa età. Altri dari relativi alla questione femminile: le donne cominciano il lavoro retribuito più di due anni più tardi rispetto agli uomini, i tassi di occupazione delle madri sono bassi, molte donne lavorano part-time. Sono tutti elementi che rischiano di «danneggiare l’adeguatezza dei redditi pensionistici del futuro».
Il report presenta una serie di dati emblematici relativi all’impatto delle interruzioni di carriera sulla pensione futura: dopo cinque anni senza lavoro, l’Italia registra una delle maggiori riduzioni della pensione futura (insieme a Germania, Israele, Islanda, Messico e Portogallo), mentre in un terzo dei paesi OCSE le pensioni non subiscono alcuna riduzione in queste circostanze. Per un lavoratore italiano a basso reddito, l’interruzione di cinque anni dal lavoro sarà del 10%, contro il 3% di media OCSE.

Fra i consigli all’Italia, quello di promuovere carriere complete e di maggior durata, concedendo la necessaria flessibilità in termini di conciliazione famiglia-lavoro, oltre a una maggior informazione su contributi versati e pensione futura (la famosa busta arancione), e sulle possibilità di previdenza complementare
FONTE PMI