Dal 28 dicembre via al pagamento anticipato delle
pensioni di gennaio 2021. ”Ieri sera ho firmato una nuova ordinanza per il
pagamento anticipato delle pensioni di gennaio a dicembre”, ha detto il capo
della Protezione civile, Angelo Borrelli, intervistato dall’ex
ministro Antonio Guidi a Radio Radio.
Nell’ordinanza si legge che “allo scopo di consentire a Poste
Italiane S.p.A. la gestione dell’accesso ai propri sportelli dei titolari del
diritto alla riscossione delle predette prestazioni, in modalità compatibili
con le disposizioni in vigore adottate allo scopo di contenere e gestire
l’emergenza epidemiologica da COVID-19, salvaguardando i diritti dei titolari
delle prestazioni medesime, il pagamento dei trattamenti pensionistici, degli
assegni, delle pensioni e delle indennità di accompagnamento erogate agli
invalidi civili, di cui all’articolo 1, comma 302, della legge 23 dicembre
2014, n. 190 e successive integrazioni e modificazioni, di competenza del mese
di gennaio 2021, è anticipato dal 28 dicembre 2020 al 2 gennaio 2021; di
competenza del mese di febbraio 2021, è anticipato dal 25 gennaio 2021 al 30
gennaio 2021”.
Dunque per la pensione di gennaio 2021 il periodo va dal
28 dicembre al 2 gennaio.
Per la pensione di febbraio 2021 il periodo va dal 25
al 30 gennaio.
“Resta fermo che, ad ogni altro effetto, il diritto al rateo
mensile delle sopra citate prestazioni si perfeziona comunque il primo giorno
del mese di competenza dello stesso” è scritto nell’ordinanza.
L'Istituto di previdenza sta
inviando una comunicazione ai contribuenti nella quale si richiede una nuova
Certificazione Unica
Dichiarazione dei redditi
tutta da rifare. Lo dice l’Inps che ha mandato una comunicazione con la quale
viene inoltrata una nuova “Certificazione Unica 2020” che viene spiegato
nella nota “annulla e sostituisce quella precedente” in quanto “le
somme certificate non corrispondono a quelle effettivamente erogate o
trattenute nel 2019”.
Pensionati, dichiarazione
dei redditi da rifare: cosa dice la lettera
“Ci scusiamo per l’eventuale
disagio arrecato ma ciò le permetterà di presentare la dichiarazione dei
redditi sulla base di una Certificazione Unica corretta” si legge nella lettera
inviata dall’Istituto di previdenza.
Non è specificato quale sia
stata la causa di questa correzione. Nella nota l’Inps si limita a informare
che la “rettifica si è resa necessaria per integrare, sostituire o
correggere i dati della precedente Certificazione Unica, nella quale le
somme certificate non corrispondevano a quelle effettivamente erogate o
trattenute dall’Inps nel 2019″. Potrebbe trattarsi di modifiche che riguardano
o il reddito o le ritenute.
L’ipotesi è che si sia
trattato di un errore, non umano ma di programmazione, essendo l’Inps altamente
informatizzato. Di conseguenza questo potrebbe significare il coinvolgimento di
una grande fetta di contribuenti.
Pensionati, dichiarazione
dei redditi da rifare: chi riguarda
Non sarebbe ancora noto il
numero di coloro che hanno già avuto o riceveranno la comunicazione nei
prossimi giorni. È stato stimato che la platea dei potenziali cittadini
interessati potrebbe comprendere circa 19 milioni di italiani, tra
15,5 milioni di pensionati e
percettori di altre prestazioni, incluse le 3,5 milioni di persone in cassa
integrazione o con indennità di disoccupazione.
Non sarebbero esclusi coloro
che hanno utilizzato la dichiarazione dei redditi precompilata:
“Qualora intenda avvalersi della dichiarazione precompilata fornita
dall’Agenzia delle Entrate, dovrà, ove necessario, modificarne il contenuto
sulla base della Certificazione Unica rettificata” si legge ancora nella
lettera.
Per il contribuente
destinatario della nuova CU/2020 non ci sarebbero altre possibilità se non
quella di presentare nuovamente la dichiarazione dei redditi e dovrebbe farlo
con il “ravvedimento” per evitare il rischio di trovarsi in accertamento
fiscale, vista la già avvenuta scadenza dei termini.
In allarme professionisti,
consulenti, patronati e Caf, che si stanno preoccupando di rispondere agli
interrogativi dei cittadini e di trovare il soluzioni per scongiurare loro
future contestazioni del Fisco.
Spostamenti: zone gialle e
arancioni a confronto con FAQ e casi particolari, promozioni in vista per
Lombardia e Piemonte, paletti Covid dal 21 dicembre.
3 Dicembre 2020Le
restrizioni che si applicano nelle zone arancioni e non in quelle gialle sono
gli spostamenti fra Regioni e Comuni diversi e l’apertura
limitata fino alle 18 di bar e ristoranti. Dal fine settimana, comunque,
diverse Regioni oggi arancioni dovrebbero comunque essere promosse in
zona gialla, che presenta un minor grado di rischio contagio da Coronavirus e di
conseguenza maggiori libertà di spostamento: fra le altre Lombardia e Piemonte,
ma non si esclude vengano promosse anche Toscana e Campania.
Vediamo uno schema
sulle regole in base al rischio Covid, comprensivo anche delle speciali
misure di Natale, che si applicheranno dal 21 dicembre al 6 gennaio,
anche alla luce delle nuove FAQ del Governo con le
risposte utili sugli spostamenti consentiti nelle diverse aree, ed un
apprendice relativa alle regole ad hoc per i giorni di festività.
Nelle zone gialle,
dalle 5 alle 22 ci si può spostare senza bisogno di autocertificazione. Per
uscire durante il coprifuoco bisogna dimostrare che lo spostamento rientri tra
quelli consentiti (comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o
motivi di salute), anche mediante autodichiarazione resa su
moduli prestampati in dotazione alle forze di polizia. La veridicità delle
autodichiarazioni sarà oggetto di controlli successivi e l’accertata falsità di
quanto dichiarato costituisce reato. Gli spostamenti diurni sono consentiti
anche fra Comuni e Regioni diverse.
Possibile far visita a parenti, congiunti
e amici? Non c’è divieto ma è «fortemente raccomandato non ricevere persone
diverse dai conviventi, salvo che per esigenze lavorative o situazioni di
necessità e urgenza».
Nell’orario del
coprifuoco, si possono assistere un parente o amico non
autosufficienti? Sì, è una condizione di necessità e quindi non sono
previsti limiti orari.
Sono sempre consentiti anche
gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso
l’altro genitore o l’affidatario, oppure per condurli presso di sé.
Attuali zone gialle:
Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise,
Provincia autonoma di Trento, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto. Dal 13
dicembre potrebbero diventare gialle anche Lombardia, Piemonte,
Toscana, Campania. Che, al momento, sono arancioni, insieme a Basilicata,
Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano, Valle d’Aosta. Resta in area rossa
solo l’Abruzzo (un’ordinanza locale applica i regolamenti della zona arancione
ma il Governo ne ha annunciato l’impugnazione).
Spostamenti in zona
arancione
Nelle zone arancioni gli
spostamenti sono liberi dalle 5 alle 22 ma solo all’interno del proprio Comune.
E’ comunque vietato spostarsi fra Regioni e fra Comuni diversi. Sono consentiti
eventuali spostamenti in un Comune diverso per svolgere attività o usufruire di
servizi non disponibili nel proprio (ufficio postale, spesa…). Spostamenti
liberi solo se strettamente necessari ad assicurare la didattica in presenza,
se prevista. Dalle 22 alle 5, oppure fuori dal Comune, serve l’autocertificazione
su:
comprovate esigenze
lavorative: bisogna dimostrare che si sta andando (o tornando) al
(dal) lavoro, anche tramite l’autodichiarazione. In caso di controllo, si dovrà
dichiarare la propria necessità lavorativa;
situazioni di necessità: assistere
parenti o amici non autosufficienti, recarsi dai figli, portare fuori il cane
(ma niente passeggiata o attività motoria);
motivi di salute.
Importante: anche nelle zone
arancioni, è possibile in alcuni casi uscire dal proprio comune per fare
compere. «Fare la spesa rientra sempre fra le cause giustificative degli
spostamenti», spiegano le FAQ del Governo. Laddove il proprio Comune non
disponga di punti vendita o un Comune contiguo presenti una
disponibilità, anche in termini di maggiore convenienza economica,
di punti vendita necessari alle proprie esigenze, lo spostamento è consentito,
entro tali limiti, che dovranno essere autocertificati.
Regole di Natale
Ci sono regole diverse che
bisognerà seguire, in tutta Italia, anche nelle zone gialle, dal 21
dicembre al 6 gennaio. Sono restrizioni specifiche previste per il periodo
delle festività natalizie. Eccole, in base al dl 158/2020:
spostamento fra regioni o
province autonome: vietati dal 21 dicembre al 6 gennaio;
spostamento tra comuni:
vietati nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 e del primo gennaio 2021.
E’ sempre consentito,
in ogni caso, anche in orari vietati o in zone o periodi con particolari
paletti, rientrare nella propria abitazione, domicilio o residenza (sempre
con esclusione delle seconde case utilizzate per le vacanze).
Le persone che per motivi di
lavoro vivono in un luogo diverso da quello del proprio coniuge o partner, ma
che si riuniscono ad esso con regolare frequenza e periodicità nella stessa
abitazione, potranno spostarsi per ricongiungersi per il periodo dal 21
dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 nella stessa abitazione in cui sono soliti
ritrovarsi.
N.B. Il
luogo scelto per il ricongiungimento deve coincidere con quello in cui si ha la
residenza, il domicilio o l’abitazione (escluse seconde case utilizzate per le
vacanze).
Attenzione: le FAQ del
Governo chiariscono che si potrà rientrare comunque, per la prima volta, dopo
un periodo trascorso per esempio in un altro Comune, ma una volta tornati a
casa vanno rispettati gli orari del coprifuoco. Stesso discorso, per esempio,
per il ricongiungimento di coppie che sono lontane per motivi
di lavoro ma che convivono con una certa frequenza nella medesima abitazione.
Gli spostamenti per
fare visita o per andare a vivere per qualche giorno con
parenti o amici, inclusi i propri genitori (anche se anziani ma
in buona salute) saranno possibili solo in area gialla, esclusivamente fino al
20 dicembre e dal 7 gennaio 2021. Diversamente:
lo spostamento per dare
assistenza a persone non autosufficienti sarà consentito anche
dal 21 al 6 gennaio, anche tra comuni/regioni in aree diverse, ove non sia
possibile assicurare loro la necessaria assistenza tramite altri soggetti
presenti nello stesso comune/regione.
N.B. La
necessità di prestare assistenza non può giustificare lo spostamento di più
di un solo parente adulto.
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Già,
l'autore. Il suo nome è Marc Bonnet, grafico e illustratore. Stando alla minuziosa ricostruzione fatta da Frédéric Cèpéde
nel 1996 sulla rivista storica francese Vingtième Siècle, il disegno - che sarebbe stato
conosciuto con l'espressione le poing à la rose, o anche la
rose au poing e, in seguito, le poing et la rose -
vide la luce alla fine del 1969, su richiesta di un militante socialista
francese, Yann Berriet, e fu adottato l'anno dopo in una campagna di affissioni
del "nuovo" Partito socialista, a seguito di un periodo di grande
difficoltà delle forze politiche di quell'area. Fu solo dopo il profondo
rinnovamento seguito al congresso di Épinay (11-13 giugno 1971), quello
dal quale François Mitterrand uscì eletto segretario, che
quell'emblema divenne sempre di più parte della comunicazione del Parti
socialiste, fino a essere adottato come suo simbolo ufficiale.
Negli anni
seguenti, i socialisti apparvero assai più in salute, al punto che Mitterrand
sfiorò la vittoria alle presidenziali nel 1974: con lui crebbe anche la
notorietà del simbolo, al punto tale che proprio nel 1974 Marc Bonnet scelse di
depositarlo come titolo di proprietà industriale e come segno di partito
politico e l'anno dopo - il 22 maggio 1975 - ricevette 50mila franchi dal
Partito socialista francese in cambio della cessione dei diritti di riproduzione
della grafica "le poing à la rose". In particolare, il partito
francese avrebbe avuto il diritto esclusivo, per tutto il mondo, a riprodurre
con tutti i mezzi, in bianco e nero e a colori, ma l'autore - che rinunciava
espressamente a ogni pretesa o azione contro i socialisti di Mitterrand per
l'uso fatto in precedenza del segno - avrebbe conservato tutti i suoi diritti
"con riguardo a tutti gli altri partiti socialisti stranieri o ogni altro
partito che dovrà ottenere il suo preventivo assenso formale in caso di
utilizzo del disegno", né il Psf avrebbe potuto cedere l'emblema ad altri
partiti (esclusi quelli che avesse contribuito a fondare o cui si fosse
associato).
Il simbolo
della rosa nel pugno, che per una delle pubblicazioni dei socialisti francesi
relativa alla loro comunicazione politica incarnava "la forza e la
dolcezza, il mondo del lavoro e la qualità della vita, il dinamismo e
l'innovazione, la risoluzione alla lotta e la volontà di cambiare la vita, le
preoccupazioni quantitative e qualitative" era però già arrivato in Italia
due anni prima rispetto all'accordo tra Bonnet e il Psf del 1975. Con tratti
molto simili, infatti, era apparso accanto alla testata di Liberazione,
prima quotidiano poi bisettimanale che fu pubblicato dall'8 settembre 1973
al 28 marzo 1974: la grafica della rosa - molto simile a quella francese, con
la corolla senza gli spessi tratti neri di contorno e piccole modifiche anche
alle foglie e al pugno - e dell'intera pubblicazione fu curata da Piergiorgio
Maoloni, maestro imprescindibile di grafica (editoriale e non solo: in quel
periodo era una delle figure fondamentali al Messaggero).
"Quando cessarono le pubblicazioni - ricorda
Vincenzo Zeno-Zencovich, oggi ordinario di diritto comparato all'università di
Roma Tre e allora tra i quattro redattori di Liberazione -si
decise di trasferire il logo dalla testata al partito." In effetti, già la
tessera del 1974 del Partito radicale conteneva una reinterpretazione
della rose au poing, sia pure con tratti molto più fini e delicati:
per quel che se ne sa, anche in quell'occasione la grafica fu opera di Maoloni.
Nel frattempo doveva già esserci stato il famoso incontro tra Marco
Pannella e Mitterrand, cui era presente anche il socialista Giacomo
Mancini: in quell'occasione a entrambi fu offerta dal futuro presidente
francese la possibilità di adottare la rosa nel pugno come simbolo, ma il Psi
non era ancora disposto a rinunciare alla falce e al martello (li avrebbe
ridotti, non senza polemiche, solo alla fine degli anni '70 per fare posto al
garofano di Ettore Vitale, fino a toglierli con la nuova grafica di Filippo
Panseca), così la rosa stretta nel pugno fu politicamente affidata ai radicali.