domenica 10 giugno 2018

Pensioni, ultime notizie: importi più bassi con i prossimi coefficienti

Pensioni più basse dal 2019: cerchiamo di capire perché e da quando. Ultime novità in materia e qualche considerazione sulle attuali proposte politiche di riforma delle pensioni.

10 GIUGNO 2018
Le pensioni saranno più basse nei prossimi due anni; le ultime notizie non sono quindi favorevoli per i pensionati italiani.
A determinare questo effetto è l’abbassamento dei coefficienti di trasformazione che verranno applicati alle pensioni che verranno liquidate negli anni 2019 e 2020. I nuovi valori sono contenuti nel decreto del ministero del lavoro e del ministero dell’economia pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di ieri.
Si tratta, in particolare, del D.M. 15 maggio 2018 rubricato “Revisione triennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo” (18A03969 - Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.131 del 08-06-2018).
Il D.M. in oggetto consta di un unico articolo che recita come segue:
A decorrere dal 1° gennaio 2019, i divisori e i coefficienti di trasformazione di cui alla Tabella A dell’Allegato 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 247 e alla Tabella A della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono rideterminati nella misura indicata dalla tabella allegata al presente decreto, di cui costituisce parte integrante”.
I coefficienti di trasformazione che renderanno più bassi gli importi delle pensioni erogate tra il 2019 ed il 2020 sono contenuti nell’allegato al D.M.
Ecco la tabella con i nuovi coefficienti da applicare per il calcolo delle pensioni 2019 e 2020:
Età
Divisori
Valori
57
23,812
4,200%
58
23,236
4,304%
59
22,654
4,414%
60
22,067
4,532%
61
21,475
4,657%
62
20,878
4,790%
63
20,276
4,932%
64
19,672
5,083%
65
19,064
5,245%
66
18,455
5,419%
67
17,844
5,604%
68
17,231
5,804%
69
16,609
6,021%
70
15,982
6,257%
71
15,353
6,513%
Pensioni più basse: come funziona il meccanismo dei coefficienti di trasformazione
Il montante previdenziale accumulato dal lavoratore viene moltiplicato per un coefficiente fisso - detto proprio coefficiente di trasformazione - che consente di rivalutare l’importo medesimo della futura pensione.
Il coefficiente di trasformazione è direttamente proporzionale all’età dei futuri pensionati, nel senso che aumenta con l’aumentare dell’età in cui si decide (o meglio, si ha la possibilità) di andare in pensione.
Attenzione: il meccanismo sopra spiegato si applica solo ed esclusivamente alla parte contributiva della pensione. Di conseguenza, per chi aveva già 18 anni di contributi versati alla fine del 1995, la quota contributiva si applica agli anni lavorati a partire dal 2012, mentre per tutti gli altri si applica agli anni di contributi dal 1996 in poi.
Perché le pensioni saranno più basse nei prossimi anni? Qual è la ratio del meccanismo che sta alla base dei coefficienti di trasformazione?
Lo spiega molto bene Matteo Prioschi, in un articolo di oggi pubblicato sul Sole24Ore:
L’aggiornamento dei coefficienti serve per “calmierare” l’effetto economico dell’incremento dei requisiti anagrafici per andare in pensione. Quale conseguenza dell’aumento della speranza di vita, nel 2019 la pensione di vecchiaia, ad esempio, si raggiungerà a 67 anni (con applicazione del coefficiente 5,604%), mentre oggi sono sufficienti 66 anni e 7 mesi (coefficiente 5,169%). Quindi il primo assegno previdenziale si otterrà più tardi e con un coefficiente leggermente più basso. Tuttavia, dato che si lavorerà 5 mesi in più, il montante contributivo accumulato sarà un po’ più elevato e questo più o meno compenserà il meccanismo di trasformazione meno favorevole.”
Pensioni, ultime novità: il Governo “studia” quota 41
Nel frattempo, il neo Governo targato Lega e M5S è all’opera per riformare il sistema pensionistico.
Se da un lato appare sempre più certo che verrà introdotta la quota 100 per l’accesso alla pensione e che molto probabilmente verrà introdotto il requisito anagrafico minimo di 64 anni di età, altrettanta chiarezza non vi è sulla quota 41.
Ad oggi, per effetto dei vari correttivi alla riforma Fornero introdotti dal Governo Renzi-Gentiloni, la quota 41 è un beneficio riconosciuto soltanto ai lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno lavorato almeno 12 mesi prima del compimento dei 19 anni.
L’obiettivo di Lega e M5S, secondo le indiscrezioni trapelate negli ultimi tempi sia da organi di stampa che dagli stessi esponenti del nuovo Governo Conte, sarebbe quello di estendere la quota 41 a tutti, senza paletti sull’età anagrafica.

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