giovedì 22 ottobre 2020

Proroga del termine per l'approvazione dei bilanci delle associazioni di promozione sociale per l'anno 2020

Le modifiche al D. L. "Cura Italia"

Proroga del termine per l'approvazione dei bilanci delle associazioni di promozione sociale per l'anno 2020

La legge di conversione del decreto-legge n. 18 del 2020 (legge n. 27 del 2020) ha introdotto alcune modifiche e novità sulla disciplina originariamente prevista dal decreto Cura Italia.

Il Prof. Luca Gori della Scuola Superiore San'Anna di Pisa ci spiega queste e altre importanti novità per gli enti del terzo settore nella nota esplicativa di seguito:

1.    Proroga del termine per l’adeguamento dello statuto al Codice del Terzo settore

 L’art. 35, commi 1 e 2, del decreto-legge Cura Italia proroga il termine per l’adeguamento degli statuti delle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e Onlus con la modalità semplificata dal 30 giugno 2020 al 31 ottobre 2020. Si ricorda che la modalità semplificata consente di modificare gli statuti in adeguamento alle norme inderogabili del Codice del Terzo settore con le modalità previste per l’assemblea ordinaria (anziché straordinaria).
È prorogato al 31 ottobre 2020 anche il termine per l’adeguamento dello statuto delle imprese sociali.
    
2.    Proroga del termine per l’approvazione dei bilanci

L’art. 35, comma 3, del decreto-legge Cura Italia prevede che, per l’anno 2020, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le Onlus per le quali la scadenza del termine di approvazione dei bilanci ricade all’interno del periodo emergenziale (31 gennaio 2020 – 31 luglio 2020, salvo proroghe), possono approvare i propri bilanci entro il 31 ottobre 2020, anche in deroga alle eventuali previsioni di leggi statali o regionali, regolamenti o dello statuto

Questa possibilità è stata estesa dalla legge di conversione, a tutte le associazioni, fondazioni, comitati ed enti non commerciali.

3.    Modalità di riunione degli organi sociali di associazioni e fondazioni
    
L’art. 73 c. 4 del decreto-legge Cura Italia ammette la possibilità per le associazioni private, sia riconosciute sia non riconosciute, e per le fondazioni, che non abbiano regolamentato e determinato nei rispettivi statuti modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, che i propri organi si possano riunire proprio con tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.  
Questa possibilità è ammessa per il periodo emergenziale (31 gennaio 2020 – 31 luglio 2020, salvo proroghe).

Per effetto dell’estensione prevista dall’art.106, c.8-bis del decreto legge  n. 18 del 2020 alla normativa sulle società, gli enti non profit non in possesso della qualifica di ODV, APS ed ONLUS hanno comunque la facoltà di utilizzare nelle assemblee (sia ordinarie che straordinarie) tenute in forma telematica, anche qualora non siano previste nello statuto, gli strumenti più ampi rispetto a quelli previsti dall’art.73, c.4 del decreto-legge (che si applica anche ad ODV, APS ed ONLUS), quali il voto elettronico o per corrispondenza, oppure il voto tramite consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto. Tale possibilità è consentita entro il 31 luglio.
In linea generale, pare necessaria una precisazione. Sulla base del DPCM 26 aprile 2020, le riunioni degli organi sociali continuano ad essere vietate e, quindi, l’art. 73, c. 4 costituisce una possibilità e non un obbligo. Pertanto, qualora l’ente ritenga di non disporre di competenze, conoscenze, strumentazioni in grado di poter gestire la riunione telematica, è ammissibile che le altre delibere di competenza degli organi da adottare in questo periodo, le riunioni possono essere rinviate per causa di forza maggiore sulla base dell’ordine dell’autorità (nazionali o regionali) fino a data da destinarsi.

4.    Erogazioni liberali finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19

 L’art. 66 del decreto-legge Cura Italia prevede una disposizione ad hoc per le erogazioni liberali in denaro o natura finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Si tratta di una misura che si aggiunge – e non sostituisce – quelle già previste per le erogazioni liberali a favore degli ETS dal Codice del Terzo settore.

 Per le erogazioni liberali, effettuate dalle persone fisiche e dagli enti non commerciali, in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, nonché di enti religiosi civilmente riconosciuti, spetta una detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’imposta sul reddito pari al 30%, per un importo non superiore a 30.000 euro.

 Per le erogazioni liberali effettuate dai soggetti titolari di reddito d’impresa, si applica l’articolo 27 della legge 13 maggio 1999, n.133, che prevede la deducibilità dal reddito d'impresa ai fini delle relative imposte delle erogazioni liberali in denaro effettuate - nel caso di interesse – per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica, per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati, nonché di enti religiosi civilmente riconosciuti.
 Ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, le erogazioni liberali sono altresì deducibili nell’esercizio in cui avviene il versamento.

 Per le erogazioni in natura, la valorizzazione è effettuata ai sensi di quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del D.M. 28 novembre 2019, che ha attuato quanto previsto dal Codice del Terzo settore.

5.    Abrogazione della deroga all’incompatibilità fra lo status di volontario e lo status di lavoratore.

Il decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14 (Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all'emergenza COVID-19) ha introdotto, all’art. 6, una rilevante novità in tema di volontariato. La disposizione afferma che «per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, per il periodo della durata emergenziale, come stabilito dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, non si applica il regime di incompatibilità di cui all'articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117».
L’art. 17, comma 5 è la norma del Codice del Terzo settore che sancisce l’incompatibilità assoluta fra la qualità di volontario e «qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l'ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria». Pertanto, fino al termine dell’emergenza (attualmente prevista al 31 luglio 2020, salvo proroghe) sarà possibile per gli enti del Terzo settore stipulare contratti di lavoro con i propri volontari (che mantengono la qualifica di volontari) o, per altro verso, che lavoratori svolgano attività di volontariato nell’ente presso il quale lavorano.

Questa disposizione è stata abrogata, ma è stata riprodotta nell’art. 2-septies della legge n. 27 del 2020 e, pertanto, rimane in vigore.

 

 

Decreto Legge 17.03.2020

Nota esplicativa D. L. Cura Italia

martedì 20 ottobre 2020

Bonus pensione importo aggiuntivo a Dicembre 2020: come richiederlo?

 

Bonus pensione importo aggiuntivo a Dicembre 2020

Indice

A chi spetta l’importo aggiuntivo a Dicembre 2020?

In arrivo il bonus Inps sulla pensione, ossia un importo aggiuntivo di 154,94 euro, ai sensi dell’articolo 70 della legge n. 388/2000 nella rata di dicembre 2020, per i pensionati che non superano determinati limiti reddituali.

In particolare il comma 9 dell’articolo 70, della legge n. 388 del 23 dicembre del 2000, ha previsto un importo aggiuntivo sulla pensione di dicembre, erogato in automatico, in base a determinate condizioni reddituali.

Requisiti Inps per 154,94 euro sulla pensione

A chi spetta l’importo aggiuntivo INPS di 154,94 euro, sulla pensione di Dicembre 2020? Il bonus tredicesima sulla pensione è riconosciuto ai:

  • soli soggetti titolari di pensione delle gestioni private;
  • agli iscritti alla gestione ex Enpals.

Questo importo è riconosciuto provvisoriamente sulle pensioni di dicembre 2020, sino a quando l’Inps verificherà i redditi 2020 del pensionato.

Non possono ricevere il bonus Inps di 154,94 euro:

  • le pensioni di invalidità civile,
  • gli assegni sociali,
  • le pensioni sociali,
  • le pensioni supplementari,
  • gli indennizzi dei commercianti,
  • le pensioni e gli assegni degli enti creditizi e dei dirigenti d’azienda,
  • le pensioni internazionali non tassate in Italia.

Quali sono i limiti di reddito?

Per aver diritto al bonus di 154,94 nell’anno 2020, i pensionati devono rispettare alcuni limiti reddituali.

Spetta l’intero importo di 154,94 euro, se non si supera un reddito complessivo individuale, di tutti i trattamenti pensionistici, pari ad euro 6.695,91, compreso maggiorazioni sociali e gli incrementi al trattamento minimo.

Invece, se non si percepisce un reddito di 6.695,91 euro, si avrà diritto ad un importo aggiuntivo, pari alla differenza, tra il limite di reddito massimo di 6.850,85 ed il reddito effettivamente percepito. Ad esempio, se un pensionato ha una pensione complessiva di 6.700,00 euro, avrà diritto ad un bonus di 150,85 euro (6850,85 limite reddituali – 6700 reddito effettivo).

Inoltre non bisogna superare alcuni redditi imponibili Irpef che saranno indicati sul modello 730 o ex Unico. Se il pensionato è:

  • solo, non deve superare un reddito imponibile irpef di euro 10043,87, compreso tutte le sue pensioni,
  • coniugato, il reddito imponibile irpef con tutti i trattamenti pensionistici, non deve essere superiore ad euro 20087,73.

Sono compresi nel calcolo dei redditi assoggettabili ad irpef, il tfr e gli arretrati soggetti a tassazione separata. Sono esclusi il reddito della casa di abitazione principale e le pertinenze dell’abitazione principale.

Come richiedere 155 euro a Dicembre 2020?

Per avere diritto al bonus Inps di 155 euro sulla pensione di Dicembre 2020, non bisogna fare nessuna domanda, l’importo avverrà accredito automaticamente. Inoltre sull’importo erogato, non si pagano le imposte irpef e non si versano nessun contributo previdenziale ed assistenziale. Per controllare l’erogazione dell’importo bisogna recarsi sul servizio online Inps: Cedolino di pensione e servizi collegati. In seguito bisogna cliccare su Verifica Bonus Quattordicesima e bonus legge 388/2000.

Bonus pensione importo aggiuntivo a Dicembre 2020

Nel riquadro Bonus importo aggiuntivo 154,94 nel mese di Novembre 2020, ci dovrebbe essere anche l’anno 2020.

Bonus importo aggiuntivo 154,94 euroBonus importo aggiuntivo 154,94 euro

Se il pensionato si accorge di aver diritto all’importo aggiuntivo sulla pensione e di non aver ricevuto nulla sul cedolino di Dicembre 2020, dovrà procedere ad inviare una domanda telematica (o tramite il patronato) denominata: ricostituzione di pensione, indicando nelle note il comma 9 dell’articolo 70, della legge n. 388 del 23 dicembre del 2000.

sabato 3 ottobre 2020

Limite prelievo contanti dal conto corrente

 

Cosa succede se prelevi molti soldi allo sportello della banca e te li fai consegnare in contanti? Quali controlli possono fare la banca e l’Agenzia delle Entrate sull’utilizzo del denaro?

Dopo aver letto la nostra guida sul limite versamenti contanti su conto corrente sai bene ora che depositare denaro contante in banca può essere molto rischioso nonostante non esista alcun limite imposto dalla normativa sull’antiriciclaggio. Questo perché c’è una norma del Testo Unico delle imposte sui redditi [1] secondo cui i bonifici o i versamenti sul conto corrente, se non giustificati o giustificabili, si presumono essere reddito e, quindi, vanno tassati. Il regalo di un familiare che non può essere dimostrato, la vincita al bingo o la giocata alle scommesse potrebbero insomma costarti un accertamento fiscale se non hai una convincente difesa da opporre all’Agenzia delle Entrate.

A questo punto, ti chiederai se esiste anche un limite al prelievo di contanti dal conto corrente. Anche in questo caso la risposta deve fare i conti da un lato con la normativa sulla tracciabilità dei pagamenti e, dall’altro, con quella fiscale. Ma procediamo con ordine.PUBBLICITÀ

Indice

Si possono prelevare dal conto più di tremila euro?

Avrai di certo sentito dire che la legge [2] vieta i trasferimenti di contanti per cifre pari o superiori a 3mila euro. Questa norma, però, non si applica né ai prelievi, né ai versamenti in banca visto che, in questo caso, la proprietà del denaro resta sempre in capo allo stesso soggetto (il correntista), essendo l’istituto di credito un mero depositario e custode.

Detto ciò, quindi, non si rischia la famigerata multa per l’uso del contante che va da 3mila a 50mila euro, né tantomeno si rischiano sanzioni penali.

In teoria, quindi, puoi anche estinguere il conto corrente e chiedere di ottenere i tuoi risparmi in contanti. L’unico limite al prelievo scatta per importi superiori a 12.500 euro: in questo caso, vi è il divieto di trasferire somme di denaro senza un intermediario abilitato (come la banca), il che è richiesto dalla normativa sull’antiriciclaggio.

Ma attenzione: con una recente modifica alle norme è stata prevista una segnalazione obbligatoria alla Uif (l’Unità di informazione finanziaria) da parte delle banche per tutti i prelievi superiori a 10mila euro nell’arco dello stesso mese. E ciò vale anche se si tratta di prelievi frazionati in più operazioni di importo inferiore (ad esempio 10 prelievi da mille euro). La segnalazione viene fatta non per una questione fiscale ma per un controllo sulle attività illecite. Non finisce quindi all’Agenzia delle Entrate, ma potrebbe approdare alla Procura della Repubblica. Si tratta, è bene chiarirlo subito, di « controlli» e non di «divieti», siamo fuori dal perimetro delle segnalazioni per operazioni sospette (Sos) ma comunque, secondo la Gdf e la Direzione investigativa antimafia, in un ambito che deve essere monitorato per incrociare informazioni su chi è troppo appassionato al contante, «strumento anonimo e non tracciabile».

L’obbligo, già introdotto nel 2017 con le modifiche al decreto antiriciclaggio (Dlgs 231/2007), è stato meglio dettagliato dal Provvedimento dell’Uif del 28 marzo scorso. Le comunicazioni oggettive non sono controlli fiscali né di polizia ma servono, in ultima analisi, a “raffinare” le segnalazioni di operazioni sospette, inviate oggi a decine di migliaia ma spesso solo per evitare rischi all’intermediario più che per intercettare operazioni realmente a rischio riciclaggio/terrorismo.

C’è poi un ulteriore limite: una volta in possesso dei contanti, non potrai spenderli o trasferirli a un’altra persona se si tratta di importi pari o superiori a 3mila euro. Potrai conservarli a casa o utilizzarli per i tuoi acquisti solo per spese più ridotte.

Devi sapere che per effetto della Legge di Bilancio 2020, sarà modificata la normativa sull’antiriciclaggio per quanto riguarda il limite del contante. Dal 1° luglio 2020 fino al 31 dicembre 2021, si abbassa il tetto all’uso di contanti a 1.999,99 euro. Non si potranno fare in contanti né pagamenti, né prestiti, né donazioni a partire da 2.000 euro in su, ma bisognerà optare per strumenti tracciabili (bonifici, assegni, carte di debito e carte di credito). Dal 1° gennaio 2022, il tetto si abbassa ulteriormente a 1.000 euro.

Se sei un imprenditore e il conto è intestato alla tua azienda devi stare molto attento. La legge, infatti, fissa un doppio limite: se, nel fare il prelievo di contanti dal conto corrente, superi il tetto di mille euro al giorno o di 5mila euro al mese, devi conservare i documenti per dimostrare al fisco il beneficiario del pagamento.

La richiesta di chiarimenti da parte della banca

Se il prelievo di contanti dal tuo conto è consistente – ad esempio supera cinquemila euro – lo sportellista potrebbe chiederti chiarimenti sull’uso che intendi fare di tale denaro. Lo farà non per denunciarti all’Agenzia delle Entrate, ma in ottemperanza alla normativa sull’antiriciclaggio. Nel caso in cui l’operazione dovesse risultargli sospetta, dovrà segnalarti alla direzione della banca. Quest’ultima valuterà se mandare gli atti alla Uif (Unità di informazione finanziaria) che, a sua volta, potrebbe (nei casi più gravi) segnalare l’episodio alla Procura della Repubblica per le indagini. Insomma, l’eventualità è remota e, soprattutto, confinata ai casi più torbidi.

I controlli fiscali in caso di prelievi di contanti dal conto corrente

Diverse e molto più stringenti sono le regole sui controlli fiscali in caso di prelievi di contanti dal conto corrente bancario. Ancora una volta qui dobbiamo distinguere tra contribuenti disoccupati, pensionati o che svolgono un lavoro dipendente e quelli che, invece, sono titolari di una partita Iva e svolgono attività imprenditoriale.

Per i primi non sono previsti controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate sui prelievi in banca. Il che significa che se dovessi prendere dal conto 5mila euro in contanti e spenderli in una sola giornata, nessuno potrà dirti nulla. Attento però a non comprare beni di lusso come auto o case se non hai un reddito che può supportare tali spese. In queste ipotesi, infatti, incorreresti sicuramente in un accertamento fiscale tramite redditometro. Tale accertamento scatta tutte le volte in cui mantieni un tenore di vita superiore alle tue possibilità. Per evitare sanzioni fiscali, sarà meglio che, piuttosto di spendere il contante, utilizzi i bonifici bancari. In quel caso, avrai la prova che il denaro utilizzato non deriva da evasione, ma era già “tracciato” in banca.

Invece per gli imprenditori, vige una regola diversa: il denaro prelevato dalla banca, se non giustificato, si presume utilizzato per investimenti e, quindi, viene tassato. In buona sostanza, se hai un conto corrente intestato alla tua azienda devi conservare un documento con data certa che attesta l’utilizzo che hai fatto dei soldi (ad esempio il pagamento di un risarcimento a una persona che hai investito con la bicicletta); altrimenti l’Agenzia delle Entrate potrà presumere magari che hai comprato merce per venderla senza emettere fattura o altre attività rivolte all’evasione fiscale.

Chiudiamo il cerchio con i professionisti, categoria “di mezzo” che ha dato più volte problemi interpretativi. Dopo un intervento della Corte Costituzionale del 2014, anche la Cassazione ha ritenuto che medici, avvocati, ingegneri, commercialisti, ecc. dovessero essere equiparati ai “comuni” contribuenti: non essendo soggetti a una contabilità separata, i prelievi dal conto corrente non sarebbero quindi sottoposti a controlli fiscali. Questo orientamento, però, di recente, è stato sconfessato da una sentenza [3], sempre a firma della Cassazione.

Secondo questo orientamento – che tuttavia è rimasto isolato – i professionisti sarebbero equiparabili agli imprenditori: quindi, l’Agenzia delle Entrate può presumere che dietro i prelievi di contanti, se l’utilizzo del denaro non viene giustificato, vi sia un’evasione. Il che è assurdo: verrebbe così imposto a tutti i professionisti di tenere un conto dedicato all’attività lavorativa, distinto da quello personale con il quale fare la spesa al supermercato. Ma la legge non prevede questo onere. Maggiori informazioni sull’argomento nell’articolo I controlli del fisco sul conto corrente di professionisti e autonomi.