lunedì 14 dicembre 2020

Pensioni gennaio 2021, pagamento anticipato: ecco il calendario

 

Dal 28 dicembre via al pagamento anticipato delle pensioni di gennaio 2021. ”Ieri sera ho firmato una nuova ordinanza per il pagamento anticipato delle pensioni di gennaio a dicembre”, ha detto il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, intervistato dall’ex ministro Antonio Guidi a Radio Radio.

Nell’ordinanza si legge che “allo scopo di consentire a Poste Italiane S.p.A. la gestione dell’accesso ai propri sportelli dei titolari del diritto alla riscossione delle predette prestazioni, in modalità compatibili con le disposizioni in vigore adottate allo scopo di contenere e gestire l’emergenza epidemiologica da COVID-19, salvaguardando i diritti dei titolari delle prestazioni medesime, il pagamento dei trattamenti pensionistici, degli assegni, delle pensioni e delle indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, di cui all’articolo 1, comma 302, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e successive integrazioni e modificazioni, di competenza del mese di gennaio 2021, è anticipato dal 28 dicembre 2020 al 2 gennaio 2021; di competenza del mese di febbraio 2021, è anticipato dal 25 gennaio 2021 al 30 gennaio 2021”.

Dunque per la pensione di gennaio 2021 il periodo va dal 28 dicembre al 2 gennaio.

Per la pensione di febbraio 2021 il periodo va dal 25 al 30 gennaio.

“Resta fermo che, ad ogni altro effetto, il diritto al rateo mensile delle sopra citate prestazioni si perfeziona comunque il primo giorno del mese di competenza dello stesso” è scritto nell’ordinanza.

venerdì 11 dicembre 2020

Pensionati, dichiarazione dei redditi da rifare: la lettera dell’Inps

 

 

L'Istituto di previdenza sta inviando una comunicazione ai contribuenti nella quale si richiede una nuova Certificazione Unica

Dichiarazione dei redditi tutta da rifare. Lo dice l’Inps che ha mandato una comunicazione con la quale viene inoltrata una nuova “Certificazione Unica 2020” che viene spiegato nella nota “annulla e sostituisce quella precedente” in quanto “le somme certificate non corrispondono a quelle effettivamente erogate o trattenute nel 2019”.

Pensionati, dichiarazione dei redditi da rifare: cosa dice la lettera

“Ci scusiamo per l’eventuale disagio arrecato ma ciò le permetterà di presentare la dichiarazione dei redditi sulla base di una Certificazione Unica corretta” si legge nella lettera inviata dall’Istituto di previdenza.

Non è specificato quale sia stata la causa di questa correzione. Nella nota l’Inps si limita a informare che la “rettifica si è resa necessaria per integrare, sostituire o correggere i dati della precedente Certificazione Unica, nella quale le somme certificate non corrispondevano a quelle effettivamente erogate o trattenute dall’Inps nel 2019″. Potrebbe trattarsi di modifiche che riguardano o il reddito o le ritenute.

L’ipotesi è che si sia trattato di un errore, non umano ma di programmazione, essendo l’Inps altamente informatizzato. Di conseguenza questo potrebbe significare il coinvolgimento di una grande fetta di contribuenti.

Pensionati, dichiarazione dei redditi da rifare: chi riguarda

Non sarebbe ancora noto il numero di coloro che hanno già avuto o riceveranno la comunicazione nei prossimi giorni. È stato stimato che la platea dei potenziali cittadini interessati potrebbe comprendere circa 19 milioni di italiani, tra 15,5 milioni di pensionati e percettori di altre prestazioni, incluse le 3,5 milioni di persone in cassa integrazione o con indennità di disoccupazione.

Non sarebbero esclusi coloro che hanno utilizzato la dichiarazione dei redditi precompilata: “Qualora intenda avvalersi della dichiarazione precompilata fornita dall’Agenzia delle Entrate, dovrà, ove necessario, modificarne il contenuto sulla base della Certificazione Unica rettificata” si legge ancora nella lettera.

Per il contribuente destinatario della nuova CU/2020 non ci sarebbero altre possibilità se non quella di presentare nuovamente la dichiarazione dei redditi e dovrebbe farlo con il “ravvedimento” per evitare il rischio di trovarsi in accertamento fiscale, vista la già avvenuta scadenza dei termini.

In allarme professionisti, consulenti, patronati e Caf, che si stanno preoccupando di rispondere agli interrogativi dei cittadini e di trovare il soluzioni per scongiurare loro future contestazioni del Fisco.

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mercoledì 9 dicembre 2020

Covid: regole e FAQ sugli spostamenti a dicembre

Spostamenti: zone gialle e arancioni a confronto con FAQ e casi particolari, promozioni in vista per Lombardia e Piemonte, paletti Covid dal 21 dicembre.

Il DPCM con le regole fino a metà gennaio

3 Dicembre 2020Le restrizioni che si applicano nelle zone arancioni e non in quelle gialle sono gli spostamenti fra Regioni e Comuni diversi e l’apertura limitata fino alle 18 di bar e ristoranti. Dal fine settimana, comunque, diverse Regioni oggi arancioni dovrebbero comunque essere promosse in zona gialla, che presenta un minor grado di rischio contagio da Coronavirus e di conseguenza maggiori libertà di spostamento: fra le altre Lombardia e Piemonte, ma non si esclude vengano promosse anche Toscana e Campania.

Vediamo uno schema sulle regole in base al rischio Covid, comprensivo anche delle speciali misure di Natale, che si applicheranno dal 21 dicembre al 6 gennaio, anche alla luce delle nuove FAQ del Governo con le risposte utili sugli spostamenti consentiti nelle diverse aree, ed un apprendice relativa alle regole ad hoc per i giorni di festività.

=> Zone Covid, la mappa delle Regioni

Spostamenti in zona gialla

Nelle zone gialle, dalle 5 alle 22 ci si può spostare senza bisogno di autocertificazione. Per uscire durante il coprifuoco bisogna dimostrare che lo spostamento rientri tra quelli consentiti (comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute), anche mediante autodichiarazione resa su moduli prestampati in dotazione alle forze di polizia. La veridicità delle autodichiarazioni sarà oggetto di controlli successivi e l’accertata falsità di quanto dichiarato costituisce reato. Gli spostamenti diurni sono consentiti anche fra Comuni e Regioni diverse.

Possibile far visita a parenti, congiunti e amici? Non c’è divieto ma è «fortemente raccomandato non ricevere persone diverse dai conviventi, salvo che per esigenze lavorative o situazioni di necessità e urgenza».

Nell’orario del coprifuoco,  si possono assistere un parente o amico non autosufficienti? Sì, è una condizione di necessità e quindi non sono previsti limiti orari.

Sono sempre consentiti anche gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o l’affidatario, oppure per condurli presso di sé.

Attuali zone gialle: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Provincia autonoma di Trento, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto. Dal 13 dicembre potrebbero diventare gialle anche Lombardia, Piemonte, Toscana, Campania. Che, al momento, sono arancioni, insieme a Basilicata, Calabria, Provincia Autonoma di Bolzano, Valle d’Aosta. Resta in area rossa solo l’Abruzzo (un’ordinanza locale applica i regolamenti della zona arancione ma il Governo ne ha annunciato l’impugnazione).

Spostamenti in zona arancione

Nelle zone arancioni gli spostamenti sono liberi dalle 5 alle 22 ma solo all’interno del proprio Comune. E’ comunque vietato spostarsi fra Regioni e fra Comuni diversi. Sono consentiti eventuali spostamenti in un Comune diverso per svolgere attività o usufruire di servizi non disponibili nel proprio (ufficio postale, spesa…). Spostamenti liberi solo se strettamente necessari ad assicurare la didattica in presenza, se prevista. Dalle 22 alle 5, oppure fuori dal Comune, serve l’autocertificazione su:

comprovate esigenze lavorative: bisogna dimostrare che si sta andando (o tornando) al (dal) lavoro, anche tramite l’autodichiarazione. In caso di controllo, si dovrà dichiarare la propria necessità lavorativa;

situazioni di necessità: assistere parenti o amici non autosufficienti, recarsi dai figli, portare fuori il cane (ma niente passeggiata o attività motoria);

motivi di salute.

Importante: anche nelle zone arancioni, è possibile in alcuni casi uscire dal proprio comune per fare compere. «Fare la spesa rientra sempre fra le cause giustificative degli spostamenti», spiegano le FAQ del Governo. Laddove il proprio Comune non disponga di punti vendita o un Comune contiguo presenti una disponibilità, anche in termini di maggiore convenienza economica, di punti vendita necessari alle proprie esigenze, lo spostamento è consentito, entro tali limiti, che dovranno essere autocertificati.

Regole di Natale

Ci sono regole diverse che bisognerà seguire, in tutta Italia, anche nelle zone gialle, dal 21 dicembre al 6 gennaio. Sono restrizioni specifiche previste per il periodo delle festività natalizie. Eccole, in base al dl 158/2020:

spostamento fra regioni o province autonome: vietati dal 21 dicembre al 6 gennaio;

spostamento tra comuni: vietati nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 e del primo gennaio 2021.

E’ sempre consentito, in ogni caso, anche in orari vietati o in zone o periodi con particolari paletti, rientrare nella propria abitazione, domicilio o residenza (sempre con esclusione delle seconde case utilizzate per le vacanze).

Le persone che per motivi di lavoro vivono in un luogo diverso da quello del proprio coniuge o partner, ma che si riuniscono ad esso con regolare frequenza e periodicità nella stessa abitazione, potranno spostarsi per ricongiungersi per il periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 nella stessa abitazione in cui sono soliti ritrovarsi.

N.B. Il luogo scelto per il ricongiungimento deve coincidere con quello in cui si ha la residenza, il domicilio o l’abitazione (escluse seconde case utilizzate per le vacanze).

Attenzione: le FAQ del Governo chiariscono che si potrà rientrare comunque, per la prima volta, dopo un periodo trascorso per esempio in un altro Comune, ma una volta tornati a casa vanno rispettati gli orari del coprifuoco. Stesso discorso, per esempio, per il ricongiungimento di coppie che sono lontane per motivi di lavoro ma che convivono con una certa frequenza nella medesima abitazione.

Gli spostamenti per fare visita o per andare a vivere per qualche giorno con parenti o amici, inclusi i propri genitori (anche se anziani ma in buona salute) saranno possibili solo in area gialla, esclusivamente fino al 20 dicembre e dal 7 gennaio 2021. Diversamente:

lo spostamento per dare assistenza a persone non autosufficienti sarà consentito anche dal 21 al 6 gennaio, anche tra comuni/regioni in aree diverse, ove non sia possibile assicurare loro la necessaria assistenza tramite altri soggetti presenti nello stesso comune/regione.

N.B. La necessità di prestare assistenza non può giustificare lo spostamento di più di un solo parente adulto.

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mercoledì 2 dicembre 2020

La rosa nel pugno, o se si preferisce "il simbolo col pugno e la rosa"

Già, l'autore. Il suo nome è Marc Bonnet, grafico e illustratore. Stando alla minuziosa ricostruzione fatta da Frédéric Cèpéde nel 1996 sulla rivista storica francese Vingtième Siècle, il disegno - che sarebbe stato conosciuto con l'espressione le poing à la rose, o anche la rose au poing e, in seguito, le poing et la rose - vide la luce alla fine del 1969, su richiesta di un militante socialista francese, Yann Berriet, e fu adottato l'anno dopo in una campagna di affissioni del "nuovo" Partito socialista, a seguito di un periodo di grande difficoltà delle forze politiche di quell'area. Fu solo dopo il profondo rinnovamento seguito al congresso di Épinay (11-13 giugno 1971), quello dal quale François Mitterrand uscì eletto segretario, che quell'emblema divenne sempre di più parte della comunicazione del Parti socialiste, fino a essere adottato come suo simbolo ufficiale. 

Negli anni seguenti, i socialisti apparvero assai più in salute, al punto che Mitterrand sfiorò la vittoria alle presidenziali nel 1974: con lui crebbe anche la notorietà del simbolo, al punto tale che proprio nel 1974 Marc Bonnet scelse di depositarlo come titolo di proprietà industriale e come segno di partito politico e l'anno dopo - il 22 maggio 1975 - ricevette 50mila franchi dal Partito socialista francese in cambio della cessione dei diritti di riproduzione della grafica "le poing à la rose". In particolare, il partito francese avrebbe avuto il diritto esclusivo, per tutto il mondo, a riprodurre con tutti i mezzi, in bianco e nero e a colori, ma l'autore - che rinunciava espressamente a ogni pretesa o azione contro i socialisti di Mitterrand per l'uso fatto in precedenza del segno - avrebbe conservato tutti i suoi diritti "con riguardo a tutti gli altri partiti socialisti stranieri o ogni altro partito che dovrà ottenere il suo preventivo assenso formale in caso di utilizzo del disegno", né il Psf avrebbe potuto cedere l'emblema ad altri partiti (esclusi quelli che avesse contribuito a fondare o cui si fosse associato).

Il simbolo della rosa nel pugno, che per una delle pubblicazioni dei socialisti francesi relativa alla loro comunicazione politica incarnava "la forza e la dolcezza, il mondo del lavoro e la qualità della vita, il dinamismo e l'innovazione, la risoluzione alla lotta e la volontà di cambiare la vita, le preoccupazioni quantitative e qualitative" era però già arrivato in Italia due anni prima rispetto all'accordo tra Bonnet e il Psf del 1975. Con tratti molto simili, infatti, era apparso accanto alla testata di Liberazione, prima quotidiano poi bisettimanale che fu pubblicato dall'8 settembre 1973 al 28 marzo 1974: la grafica della rosa - molto simile a quella francese, con la corolla senza gli spessi tratti neri di contorno e piccole modifiche anche alle foglie e al pugno - e dell'intera pubblicazione fu curata da Piergiorgio Maoloni, maestro imprescindibile di grafica (editoriale e non solo: in quel periodo era una delle figure fondamentali al Messaggero).

"Quando cessarono le pubblicazioni ricorda Vincenzo Zeno-Zencovich, oggi ordinario di diritto comparato all'università di Roma Tre e allora tra i quattro redattori di Liberazione - si decise di trasferire il logo dalla testata al partito." In effetti, già la tessera del 1974 del Partito radicale conteneva una reinterpretazione della rose au poing, sia pure con tratti molto più fini e delicati: per quel che se ne sa, anche in quell'occasione la grafica fu opera di Maoloni. Nel frattempo doveva già esserci stato il famoso incontro tra Marco Pannella e Mitterrand, cui era presente anche il socialista Giacomo Mancini: in quell'occasione a entrambi fu offerta dal futuro presidente francese la possibilità di adottare la rosa nel pugno come simbolo, ma il Psi non era ancora disposto a rinunciare alla falce e al martello (li avrebbe ridotti, non senza polemiche, solo alla fine degli anni '70 per fare posto al garofano di Ettore Vitale, fino a toglierli con la nuova grafica di Filippo Panseca), così la rosa stretta nel pugno fu politicamente affidata ai radicali.

sabato 21 novembre 2020

UNA ROSA FERITA DALLO SCARICO FUMI A PARETE

APPELLO AL SINDACO DEL COMITATO SENIOR E ORTISTI PER SALVARE UNA ROSA

IL GIARDINO SUL BALCONE MI HA REGALATO UNA ROSA IN QUESTO AUTUNNO

LE POLVERI INVISIBILI LA COLPISCONO A MORTE E NON SI PUO’ DIFENDERE 

CHE PECCATO HA FATTO?

giovedì 22 ottobre 2020

Proroga del termine per l'approvazione dei bilanci delle associazioni di promozione sociale per l'anno 2020

Le modifiche al D. L. "Cura Italia"

Proroga del termine per l'approvazione dei bilanci delle associazioni di promozione sociale per l'anno 2020

La legge di conversione del decreto-legge n. 18 del 2020 (legge n. 27 del 2020) ha introdotto alcune modifiche e novità sulla disciplina originariamente prevista dal decreto Cura Italia.

Il Prof. Luca Gori della Scuola Superiore San'Anna di Pisa ci spiega queste e altre importanti novità per gli enti del terzo settore nella nota esplicativa di seguito:

1.    Proroga del termine per l’adeguamento dello statuto al Codice del Terzo settore

 L’art. 35, commi 1 e 2, del decreto-legge Cura Italia proroga il termine per l’adeguamento degli statuti delle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e Onlus con la modalità semplificata dal 30 giugno 2020 al 31 ottobre 2020. Si ricorda che la modalità semplificata consente di modificare gli statuti in adeguamento alle norme inderogabili del Codice del Terzo settore con le modalità previste per l’assemblea ordinaria (anziché straordinaria).
È prorogato al 31 ottobre 2020 anche il termine per l’adeguamento dello statuto delle imprese sociali.
    
2.    Proroga del termine per l’approvazione dei bilanci

L’art. 35, comma 3, del decreto-legge Cura Italia prevede che, per l’anno 2020, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le Onlus per le quali la scadenza del termine di approvazione dei bilanci ricade all’interno del periodo emergenziale (31 gennaio 2020 – 31 luglio 2020, salvo proroghe), possono approvare i propri bilanci entro il 31 ottobre 2020, anche in deroga alle eventuali previsioni di leggi statali o regionali, regolamenti o dello statuto

Questa possibilità è stata estesa dalla legge di conversione, a tutte le associazioni, fondazioni, comitati ed enti non commerciali.

3.    Modalità di riunione degli organi sociali di associazioni e fondazioni
    
L’art. 73 c. 4 del decreto-legge Cura Italia ammette la possibilità per le associazioni private, sia riconosciute sia non riconosciute, e per le fondazioni, che non abbiano regolamentato e determinato nei rispettivi statuti modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, che i propri organi si possano riunire proprio con tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.  
Questa possibilità è ammessa per il periodo emergenziale (31 gennaio 2020 – 31 luglio 2020, salvo proroghe).

Per effetto dell’estensione prevista dall’art.106, c.8-bis del decreto legge  n. 18 del 2020 alla normativa sulle società, gli enti non profit non in possesso della qualifica di ODV, APS ed ONLUS hanno comunque la facoltà di utilizzare nelle assemblee (sia ordinarie che straordinarie) tenute in forma telematica, anche qualora non siano previste nello statuto, gli strumenti più ampi rispetto a quelli previsti dall’art.73, c.4 del decreto-legge (che si applica anche ad ODV, APS ed ONLUS), quali il voto elettronico o per corrispondenza, oppure il voto tramite consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto. Tale possibilità è consentita entro il 31 luglio.
In linea generale, pare necessaria una precisazione. Sulla base del DPCM 26 aprile 2020, le riunioni degli organi sociali continuano ad essere vietate e, quindi, l’art. 73, c. 4 costituisce una possibilità e non un obbligo. Pertanto, qualora l’ente ritenga di non disporre di competenze, conoscenze, strumentazioni in grado di poter gestire la riunione telematica, è ammissibile che le altre delibere di competenza degli organi da adottare in questo periodo, le riunioni possono essere rinviate per causa di forza maggiore sulla base dell’ordine dell’autorità (nazionali o regionali) fino a data da destinarsi.

4.    Erogazioni liberali finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19

 L’art. 66 del decreto-legge Cura Italia prevede una disposizione ad hoc per le erogazioni liberali in denaro o natura finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Si tratta di una misura che si aggiunge – e non sostituisce – quelle già previste per le erogazioni liberali a favore degli ETS dal Codice del Terzo settore.

 Per le erogazioni liberali, effettuate dalle persone fisiche e dagli enti non commerciali, in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, nonché di enti religiosi civilmente riconosciuti, spetta una detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’imposta sul reddito pari al 30%, per un importo non superiore a 30.000 euro.

 Per le erogazioni liberali effettuate dai soggetti titolari di reddito d’impresa, si applica l’articolo 27 della legge 13 maggio 1999, n.133, che prevede la deducibilità dal reddito d'impresa ai fini delle relative imposte delle erogazioni liberali in denaro effettuate - nel caso di interesse – per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica, per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati, nonché di enti religiosi civilmente riconosciuti.
 Ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, le erogazioni liberali sono altresì deducibili nell’esercizio in cui avviene il versamento.

 Per le erogazioni in natura, la valorizzazione è effettuata ai sensi di quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del D.M. 28 novembre 2019, che ha attuato quanto previsto dal Codice del Terzo settore.

5.    Abrogazione della deroga all’incompatibilità fra lo status di volontario e lo status di lavoratore.

Il decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14 (Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all'emergenza COVID-19) ha introdotto, all’art. 6, una rilevante novità in tema di volontariato. La disposizione afferma che «per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, per il periodo della durata emergenziale, come stabilito dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, non si applica il regime di incompatibilità di cui all'articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117».
L’art. 17, comma 5 è la norma del Codice del Terzo settore che sancisce l’incompatibilità assoluta fra la qualità di volontario e «qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l'ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria». Pertanto, fino al termine dell’emergenza (attualmente prevista al 31 luglio 2020, salvo proroghe) sarà possibile per gli enti del Terzo settore stipulare contratti di lavoro con i propri volontari (che mantengono la qualifica di volontari) o, per altro verso, che lavoratori svolgano attività di volontariato nell’ente presso il quale lavorano.

Questa disposizione è stata abrogata, ma è stata riprodotta nell’art. 2-septies della legge n. 27 del 2020 e, pertanto, rimane in vigore.

 

 

Decreto Legge 17.03.2020

Nota esplicativa D. L. Cura Italia

martedì 20 ottobre 2020

Bonus pensione importo aggiuntivo a Dicembre 2020: come richiederlo?

 

Bonus pensione importo aggiuntivo a Dicembre 2020

Indice

A chi spetta l’importo aggiuntivo a Dicembre 2020?

In arrivo il bonus Inps sulla pensione, ossia un importo aggiuntivo di 154,94 euro, ai sensi dell’articolo 70 della legge n. 388/2000 nella rata di dicembre 2020, per i pensionati che non superano determinati limiti reddituali.

In particolare il comma 9 dell’articolo 70, della legge n. 388 del 23 dicembre del 2000, ha previsto un importo aggiuntivo sulla pensione di dicembre, erogato in automatico, in base a determinate condizioni reddituali.

Requisiti Inps per 154,94 euro sulla pensione

A chi spetta l’importo aggiuntivo INPS di 154,94 euro, sulla pensione di Dicembre 2020? Il bonus tredicesima sulla pensione è riconosciuto ai:

  • soli soggetti titolari di pensione delle gestioni private;
  • agli iscritti alla gestione ex Enpals.

Questo importo è riconosciuto provvisoriamente sulle pensioni di dicembre 2020, sino a quando l’Inps verificherà i redditi 2020 del pensionato.

Non possono ricevere il bonus Inps di 154,94 euro:

  • le pensioni di invalidità civile,
  • gli assegni sociali,
  • le pensioni sociali,
  • le pensioni supplementari,
  • gli indennizzi dei commercianti,
  • le pensioni e gli assegni degli enti creditizi e dei dirigenti d’azienda,
  • le pensioni internazionali non tassate in Italia.

Quali sono i limiti di reddito?

Per aver diritto al bonus di 154,94 nell’anno 2020, i pensionati devono rispettare alcuni limiti reddituali.

Spetta l’intero importo di 154,94 euro, se non si supera un reddito complessivo individuale, di tutti i trattamenti pensionistici, pari ad euro 6.695,91, compreso maggiorazioni sociali e gli incrementi al trattamento minimo.

Invece, se non si percepisce un reddito di 6.695,91 euro, si avrà diritto ad un importo aggiuntivo, pari alla differenza, tra il limite di reddito massimo di 6.850,85 ed il reddito effettivamente percepito. Ad esempio, se un pensionato ha una pensione complessiva di 6.700,00 euro, avrà diritto ad un bonus di 150,85 euro (6850,85 limite reddituali – 6700 reddito effettivo).

Inoltre non bisogna superare alcuni redditi imponibili Irpef che saranno indicati sul modello 730 o ex Unico. Se il pensionato è:

  • solo, non deve superare un reddito imponibile irpef di euro 10043,87, compreso tutte le sue pensioni,
  • coniugato, il reddito imponibile irpef con tutti i trattamenti pensionistici, non deve essere superiore ad euro 20087,73.

Sono compresi nel calcolo dei redditi assoggettabili ad irpef, il tfr e gli arretrati soggetti a tassazione separata. Sono esclusi il reddito della casa di abitazione principale e le pertinenze dell’abitazione principale.

Come richiedere 155 euro a Dicembre 2020?

Per avere diritto al bonus Inps di 155 euro sulla pensione di Dicembre 2020, non bisogna fare nessuna domanda, l’importo avverrà accredito automaticamente. Inoltre sull’importo erogato, non si pagano le imposte irpef e non si versano nessun contributo previdenziale ed assistenziale. Per controllare l’erogazione dell’importo bisogna recarsi sul servizio online Inps: Cedolino di pensione e servizi collegati. In seguito bisogna cliccare su Verifica Bonus Quattordicesima e bonus legge 388/2000.

Bonus pensione importo aggiuntivo a Dicembre 2020

Nel riquadro Bonus importo aggiuntivo 154,94 nel mese di Novembre 2020, ci dovrebbe essere anche l’anno 2020.

Bonus importo aggiuntivo 154,94 euroBonus importo aggiuntivo 154,94 euro

Se il pensionato si accorge di aver diritto all’importo aggiuntivo sulla pensione e di non aver ricevuto nulla sul cedolino di Dicembre 2020, dovrà procedere ad inviare una domanda telematica (o tramite il patronato) denominata: ricostituzione di pensione, indicando nelle note il comma 9 dell’articolo 70, della legge n. 388 del 23 dicembre del 2000.

sabato 3 ottobre 2020

Limite prelievo contanti dal conto corrente

 

Cosa succede se prelevi molti soldi allo sportello della banca e te li fai consegnare in contanti? Quali controlli possono fare la banca e l’Agenzia delle Entrate sull’utilizzo del denaro?

Dopo aver letto la nostra guida sul limite versamenti contanti su conto corrente sai bene ora che depositare denaro contante in banca può essere molto rischioso nonostante non esista alcun limite imposto dalla normativa sull’antiriciclaggio. Questo perché c’è una norma del Testo Unico delle imposte sui redditi [1] secondo cui i bonifici o i versamenti sul conto corrente, se non giustificati o giustificabili, si presumono essere reddito e, quindi, vanno tassati. Il regalo di un familiare che non può essere dimostrato, la vincita al bingo o la giocata alle scommesse potrebbero insomma costarti un accertamento fiscale se non hai una convincente difesa da opporre all’Agenzia delle Entrate.

A questo punto, ti chiederai se esiste anche un limite al prelievo di contanti dal conto corrente. Anche in questo caso la risposta deve fare i conti da un lato con la normativa sulla tracciabilità dei pagamenti e, dall’altro, con quella fiscale. Ma procediamo con ordine.PUBBLICITÀ

Indice

Si possono prelevare dal conto più di tremila euro?

Avrai di certo sentito dire che la legge [2] vieta i trasferimenti di contanti per cifre pari o superiori a 3mila euro. Questa norma, però, non si applica né ai prelievi, né ai versamenti in banca visto che, in questo caso, la proprietà del denaro resta sempre in capo allo stesso soggetto (il correntista), essendo l’istituto di credito un mero depositario e custode.

Detto ciò, quindi, non si rischia la famigerata multa per l’uso del contante che va da 3mila a 50mila euro, né tantomeno si rischiano sanzioni penali.

In teoria, quindi, puoi anche estinguere il conto corrente e chiedere di ottenere i tuoi risparmi in contanti. L’unico limite al prelievo scatta per importi superiori a 12.500 euro: in questo caso, vi è il divieto di trasferire somme di denaro senza un intermediario abilitato (come la banca), il che è richiesto dalla normativa sull’antiriciclaggio.

Ma attenzione: con una recente modifica alle norme è stata prevista una segnalazione obbligatoria alla Uif (l’Unità di informazione finanziaria) da parte delle banche per tutti i prelievi superiori a 10mila euro nell’arco dello stesso mese. E ciò vale anche se si tratta di prelievi frazionati in più operazioni di importo inferiore (ad esempio 10 prelievi da mille euro). La segnalazione viene fatta non per una questione fiscale ma per un controllo sulle attività illecite. Non finisce quindi all’Agenzia delle Entrate, ma potrebbe approdare alla Procura della Repubblica. Si tratta, è bene chiarirlo subito, di « controlli» e non di «divieti», siamo fuori dal perimetro delle segnalazioni per operazioni sospette (Sos) ma comunque, secondo la Gdf e la Direzione investigativa antimafia, in un ambito che deve essere monitorato per incrociare informazioni su chi è troppo appassionato al contante, «strumento anonimo e non tracciabile».

L’obbligo, già introdotto nel 2017 con le modifiche al decreto antiriciclaggio (Dlgs 231/2007), è stato meglio dettagliato dal Provvedimento dell’Uif del 28 marzo scorso. Le comunicazioni oggettive non sono controlli fiscali né di polizia ma servono, in ultima analisi, a “raffinare” le segnalazioni di operazioni sospette, inviate oggi a decine di migliaia ma spesso solo per evitare rischi all’intermediario più che per intercettare operazioni realmente a rischio riciclaggio/terrorismo.

C’è poi un ulteriore limite: una volta in possesso dei contanti, non potrai spenderli o trasferirli a un’altra persona se si tratta di importi pari o superiori a 3mila euro. Potrai conservarli a casa o utilizzarli per i tuoi acquisti solo per spese più ridotte.

Devi sapere che per effetto della Legge di Bilancio 2020, sarà modificata la normativa sull’antiriciclaggio per quanto riguarda il limite del contante. Dal 1° luglio 2020 fino al 31 dicembre 2021, si abbassa il tetto all’uso di contanti a 1.999,99 euro. Non si potranno fare in contanti né pagamenti, né prestiti, né donazioni a partire da 2.000 euro in su, ma bisognerà optare per strumenti tracciabili (bonifici, assegni, carte di debito e carte di credito). Dal 1° gennaio 2022, il tetto si abbassa ulteriormente a 1.000 euro.

Se sei un imprenditore e il conto è intestato alla tua azienda devi stare molto attento. La legge, infatti, fissa un doppio limite: se, nel fare il prelievo di contanti dal conto corrente, superi il tetto di mille euro al giorno o di 5mila euro al mese, devi conservare i documenti per dimostrare al fisco il beneficiario del pagamento.

La richiesta di chiarimenti da parte della banca

Se il prelievo di contanti dal tuo conto è consistente – ad esempio supera cinquemila euro – lo sportellista potrebbe chiederti chiarimenti sull’uso che intendi fare di tale denaro. Lo farà non per denunciarti all’Agenzia delle Entrate, ma in ottemperanza alla normativa sull’antiriciclaggio. Nel caso in cui l’operazione dovesse risultargli sospetta, dovrà segnalarti alla direzione della banca. Quest’ultima valuterà se mandare gli atti alla Uif (Unità di informazione finanziaria) che, a sua volta, potrebbe (nei casi più gravi) segnalare l’episodio alla Procura della Repubblica per le indagini. Insomma, l’eventualità è remota e, soprattutto, confinata ai casi più torbidi.

I controlli fiscali in caso di prelievi di contanti dal conto corrente

Diverse e molto più stringenti sono le regole sui controlli fiscali in caso di prelievi di contanti dal conto corrente bancario. Ancora una volta qui dobbiamo distinguere tra contribuenti disoccupati, pensionati o che svolgono un lavoro dipendente e quelli che, invece, sono titolari di una partita Iva e svolgono attività imprenditoriale.

Per i primi non sono previsti controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate sui prelievi in banca. Il che significa che se dovessi prendere dal conto 5mila euro in contanti e spenderli in una sola giornata, nessuno potrà dirti nulla. Attento però a non comprare beni di lusso come auto o case se non hai un reddito che può supportare tali spese. In queste ipotesi, infatti, incorreresti sicuramente in un accertamento fiscale tramite redditometro. Tale accertamento scatta tutte le volte in cui mantieni un tenore di vita superiore alle tue possibilità. Per evitare sanzioni fiscali, sarà meglio che, piuttosto di spendere il contante, utilizzi i bonifici bancari. In quel caso, avrai la prova che il denaro utilizzato non deriva da evasione, ma era già “tracciato” in banca.

Invece per gli imprenditori, vige una regola diversa: il denaro prelevato dalla banca, se non giustificato, si presume utilizzato per investimenti e, quindi, viene tassato. In buona sostanza, se hai un conto corrente intestato alla tua azienda devi conservare un documento con data certa che attesta l’utilizzo che hai fatto dei soldi (ad esempio il pagamento di un risarcimento a una persona che hai investito con la bicicletta); altrimenti l’Agenzia delle Entrate potrà presumere magari che hai comprato merce per venderla senza emettere fattura o altre attività rivolte all’evasione fiscale.

Chiudiamo il cerchio con i professionisti, categoria “di mezzo” che ha dato più volte problemi interpretativi. Dopo un intervento della Corte Costituzionale del 2014, anche la Cassazione ha ritenuto che medici, avvocati, ingegneri, commercialisti, ecc. dovessero essere equiparati ai “comuni” contribuenti: non essendo soggetti a una contabilità separata, i prelievi dal conto corrente non sarebbero quindi sottoposti a controlli fiscali. Questo orientamento, però, di recente, è stato sconfessato da una sentenza [3], sempre a firma della Cassazione.

Secondo questo orientamento – che tuttavia è rimasto isolato – i professionisti sarebbero equiparabili agli imprenditori: quindi, l’Agenzia delle Entrate può presumere che dietro i prelievi di contanti, se l’utilizzo del denaro non viene giustificato, vi sia un’evasione. Il che è assurdo: verrebbe così imposto a tutti i professionisti di tenere un conto dedicato all’attività lavorativa, distinto da quello personale con il quale fare la spesa al supermercato. Ma la legge non prevede questo onere. Maggiori informazioni sull’argomento nell’articolo I controlli del fisco sul conto corrente di professionisti e autonomi.

mercoledì 30 settembre 2020

Inps, addio Pin: dal 1° ottobre si usa lo Spid. Cosa cambia

Per gli attuali possessori di Pin il passaggio allo Spid avverrà comunque in maniera graduale. Chi ha già le credenziali potrà continuare ad usarle per una fase transitoria


SPID: identità digitale gratuita per sempre

Tutti i gestori delle identità digitali SPID forniranno anche in futuro gratuitamente le credenziali per l'identità digitale, di livello 1 e 2.

A partire da domani l’Inps non rilascerà più il Pin, ossia il codice numerico, come credenziale di accesso ai servizi dell’istituto. Il Pin sarà sostituito da Spid, il Sistema pubblico di identità digitale che permette di accedere ai servizi online della pubblica amministrazione

Per gli attuali possessori di Pin il passaggio allo Spid avverrà gradualmente secondo le istruzioni fornite con la circolare Inps 17 luglio 2020, n. 87, che prevede una fase transitoria che si concluderà con la definitiva cessazione della validità dei Pin rilasciati dall’Istituto.

Spid, a cosa serve e come funziona

Lo Spid, spiega l’Inps, consente agli utenti di interagire con l’Istituto, con l’intero sistema pubblico e con i soggetti privati aderenti. In base al Regolamento eIDAS, l’identità digitale Spid (con credenziali di livello 2 o 3) può essere usata per l’accesso ai servizi in rete delle Pubbliche Amministrazioni dell’Unione europea.

Grazie ai vari livelli di autenticazione dello Spid, l’Inps potrà abilitare nuovi servizi che richiedono una maggiore affidabilità nella fase di riconoscimento dell’utente. I Pin in possesso degli utenti conserveranno la loro validità e potranno essere rinnovati alla naturale scadenza fino alla conclusione della fase transitoria la cui data verrà successivamente definita.

Che fine fa il Pin temporaneo

Il passaggio da Pin a Spid non ha effetti sul servizio di Pin temporaneo. Gli utenti che accedono ai servizi Inps attraverso le credenziali Spid, Cns (Carta Nazionale dei Servizi) o Cie (Carta d’Identità Elettronica) potranno, infatti, continuare a richiedere il Pin telefonico temporaneo utile per la fruizione dei servizi tramite Contact Center. Attraverso la funzionalità “Pin Telefonico” presente su MyInps è possibile scegliere di generare un Pin temporaneo la cui validità può essere di un giorno, una settimana, un mese o tre mesi.

Chi potrà ancora usare il Pin dispositivo

Il Pin dispositivo sarà mantenuto per gli utenti che non possono avere accesso alle credenziali Spid, come:

  • i minori di diciotto anni;
  • le persone che non hanno documenti di identità italiana;
  • le persone soggette a tutela, curatela o amministrazione di sostegno, e per i soli servizi loro dedicati.

Tutti gli altri utenti dovranno pertanto dotarsi di credenziali di autenticazione alternative al Pin.

Inps, le alternative al Pin

L’Inps ricorda che gli strumenti di autenticazione elettronica attualmente utilizzabili in alternativa al Pin per accedere ai servizi offerti sul portale Inps sono:

  • Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid);
  • Carta d’Identità Elettronica (Cie);
  • Carta Nazionale dei Servizi (Cns);

Spid, come richiederlo

Per richiedere e ottenere le credenziali Spid bisogna essere maggiorenni, spiega l’Inps, e per chi è residente in Italia:

  • un indirizzo email;
  • il numero di telefono del cellulare usato normalmente;
  • un documento di identità valido (uno tra: carta di identità, passaporto, patente)*;
  • tessera sanitaria con il codice fiscale*.

Per i residenti all’estero servono:

  • un indirizzo email;
  • il numero di telefono del cellulare che usi normalmente;
  • un documento di identità italiano valido (uno tra: carta di identità, passaporto, patente)*;
  • il codice fiscale;
  • il tesserino della tessera sanitaria o del codice fiscale costituiscono ulteriori elementi a supporto del processo di verifica dell’identità che concorrono a contrastare, grazie alla verifica dell’autenticità degli stessi su basi dati nazionali non pubbliche, il furto di identità.

* Durante la registrazione può esser necessario fotografarli e allegarli al form da compilare.

Spid, cosa bisogna fare per ottenerlo

Per ottenere lo Spid occorre scegliere uno tra gli Identity provider e registrarsi sul loro sito.
La registrazione consiste in 3 step:

  • inserisci i dati anagrafici;
  • crea le tue credenziali Spid;
  • effettua il riconoscimento.

I tempi di rilascio dell’identità digitale dipendono dai singoli Identity Provider.

Come scegliere tra i diversi Identity provider

Gli Identity Provider forniscono diverse modalità di registrazione gratuitamente o a pagamento e i rispettivi Spid hanno diversi livelli di sicurezza. La lista degli Identity Provider fornisce un quadro della situazione.

In particolare l’Inps consiglia di fare attenzione ai seguenti parametri:

  • scegli la modalità di riconoscimento che ti risulta più comoda (di persona, tramite Carta d’Identità Elettronica (Cie)*, Carta Nazionale dei Servizi (Cns), Firma Digitale o tramite webcam);
  • scegli sulla base del livello di sicurezza di Spid che ti serve;
  • se sei già cliente di uno degli Identity Provider, potresti avere un flusso di registrazione semplificato;
  • se sei un cittadino italiano residente all’estero, fai attenzione a chi offre il servizio per l’estero.

* Sono accettate solo le Carte d’Identità Elettroniche 3.0, ovvero quelle che non hanno la banda ottica sul retro della tessera in plastica.

Tag: Inps Spid

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