Il tema della corretta ammissione di un'aspirante socio ad un’Associazione rappresenta uno degli aspetti cruciali che caratterizzano la vita associativa oltre che una dei maggiori criticità che vengono spesso riscontrate in sede di accertamento dai verificatori. Ciò che a volte non si immagina è che l'iter di iscrizione spesso viene indicato nello statuto sociale, con tutte le conseguenze del caso, ed in particolare:
- se è corretto certifica una buona prassi;
- se non lo è evidenzia subito una possibile (e grave) contestazione.
- se è corretto certifica una buona prassi;
- se non lo è evidenzia subito una possibile (e grave) contestazione.
Già perché molto spesso negli statuti si trovano articoli come "L’ammissione all’associazione è subordinata alle seguenti condizioni: presentazione della domanda, pagamento della quota associativa e accettazione senza riserva del presente Statuto" oppure "I soci sono coloro che, maggiorenni, previa presentazione della domanda di appartenenza all’Associazione, versano la quota sociale".
Ebbene, se è vero come è vero che il pagamento della quota associativa perfeziona l'iscrizione di colui che oramai a tutti gli effetti può correttamente e tecnicamente definirsi "socio", versamenti di denaro contestuali alla richiesta di iscrizione o (peggio ancora) in assenza di specifica domanda di ammissione rappresentano spesso indizi nelle mani dei verificatori a sostegno della natura non "associativa" del rapporto quanto piuttosto dell'esistenza di quella "clientelare". Senza dilungarci su cosa già avevamo detto (chi volesse trova il nostro approfondimento QUI e le relative conseguenze QUI), vediamo in estrema sintesi quali sono sul punto le risultanze della sentenza n. 5257 del 12.06.2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano. Nel merito questa ha precisato come sia da ritenersi "socio" colui il quale abbia con l'Ente un vero e proprio rapporto di "appartenenza" e di condivisione con i valori espressi nello statuto, dal momento che in difetto se il rapporto si esaurisce con il mero acquisto di servizio (bene, corso, ...) ci si trova di fronte ad un semplice "cliente", con tutte le conseguenze del caso anche sul piano fiscale ed amministrativo.
In buona sostanza quindi, per tirare le fila:
1. verificate che nel Vostro statuto sociale sia riportato in maniera corretta l'iter di ammissione di un socio, dal momento che questo non costituisce una prassi fine a se stessa immaginata da un “freddo burocrate fuori dal mondo” quanto piuttosto certifica (o meno ...) la reale natura associativa dell'Ente;
2. cercate prima di tutto nello statuto sociale la risposte ai Vostri dubbi sul corretto svolgimento della vita associativa, e se qualcosa non Vi torna e/o mette a rischio il principi di uguaglianza, democraticità, divieto di distribuzione di utili ... che devono necessariamente caratterizzare un Ente di tipo associativo correte ai ripari, perchè uno statuto non a norma può causare il disconoscimento della natura non profit dell'Ente e la conseguente perdita delle agevolazioni fiscali!
Ebbene, se è vero come è vero che il pagamento della quota associativa perfeziona l'iscrizione di colui che oramai a tutti gli effetti può correttamente e tecnicamente definirsi "socio", versamenti di denaro contestuali alla richiesta di iscrizione o (peggio ancora) in assenza di specifica domanda di ammissione rappresentano spesso indizi nelle mani dei verificatori a sostegno della natura non "associativa" del rapporto quanto piuttosto dell'esistenza di quella "clientelare". Senza dilungarci su cosa già avevamo detto (chi volesse trova il nostro approfondimento QUI e le relative conseguenze QUI), vediamo in estrema sintesi quali sono sul punto le risultanze della sentenza n. 5257 del 12.06.2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano. Nel merito questa ha precisato come sia da ritenersi "socio" colui il quale abbia con l'Ente un vero e proprio rapporto di "appartenenza" e di condivisione con i valori espressi nello statuto, dal momento che in difetto se il rapporto si esaurisce con il mero acquisto di servizio (bene, corso, ...) ci si trova di fronte ad un semplice "cliente", con tutte le conseguenze del caso anche sul piano fiscale ed amministrativo.
In buona sostanza quindi, per tirare le fila:
1. verificate che nel Vostro statuto sociale sia riportato in maniera corretta l'iter di ammissione di un socio, dal momento che questo non costituisce una prassi fine a se stessa immaginata da un “freddo burocrate fuori dal mondo” quanto piuttosto certifica (o meno ...) la reale natura associativa dell'Ente;
2. cercate prima di tutto nello statuto sociale la risposte ai Vostri dubbi sul corretto svolgimento della vita associativa, e se qualcosa non Vi torna e/o mette a rischio il principi di uguaglianza, democraticità, divieto di distribuzione di utili ... che devono necessariamente caratterizzare un Ente di tipo associativo correte ai ripari, perchè uno statuto non a norma può causare il disconoscimento della natura non profit dell'Ente e la conseguente perdita delle agevolazioni fiscali!
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