Una Legge capace di disciplinare meglio il Terzo Settore, favorendo la crescita dell’economia sociale, che negli ultimi anni aveva registrato dati incoraggianti in termini di crescita (5% del PIL), anche sotto il profilo occupazionale, la si attendeva da circa vent’anni. Quest’oggi, l’aula della Camera dei Deputati, con un lavoro complessivo di poco meno di due giorni, ha approvato il ddl di delega per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale, con 297 si’, 121 no e 50 astenuti.
Il provvedimento, che in Italia riguarda oltre 800mila lavoratori e quattro milioni di volontari, ora passa all’esame del Senato. Secondo gli esponenti della maggioranza, la Riforma ha un ché di epocale: “Quello che approviamo oggi e’ un provvedimento che farà la storia; lo approviamo dopo aver parlato con coloro che ogni giorno lavorano nel Terzo Settore e non aspettavano altro che essere ascoltati dalla politica. Questo ddl riguarda 300 mila organizzazioni non profit e quasi 5 milioni di volontari che ogni giorno lavorano per dare sollievo e sostegno ai piu’ deboli”.
Ad affermarlo è Micaela Campana, deputata e responsabile Welfare del Pd durante la dichiarazione di voto sul ddl delega in materia di Terzo Settore. Peccato che l’onorevole abbia dimenticato di dire che la “partecipazione dal basso”, tanto sbandierata, abbia riguardato solo un modesto 10%, (come scrivemmo a suo tempo), del complesso mondo del non-profit.
IL REGISTRO UNICO PASSA, MA LE RISORSE ECONOMICHE MANCANO
Al di là dei proclami, però, resta ora il dubbio sulle coperture economiche. Dubbio avanzato anche tra le fila della maggioranza da alcuni componenti della Commissione Affari Sociali, Edoardo Patriarca (PD) in primis, che ora sperano in un miracolo nella Legge di Stabilità.
Di sicuro, ciò che di buono vi è in questa Riforma, è che finalmente le oltre 77 norme che regolano il Terzo Settore verranno messe a sistema in un unico impianto in grado di “mettere ordine fra la miriade di leggi e leggine su volontariato, cooperazione sociale, ong e onlus”, spiega Marco Di Maio, deputato Pd e membro dell’ufficio di presidenza del gruppo alla Camera.
“La delega si occupa della riforma del codice civile; della costruzione e definizione del nuovo codice del terzo settore con un unico registro presso il Ministero del Lavoro, superando così i registri locali comunali e regionali”. Va aggiunto anche che finalmente oggi esiste una definizione più chiara di Terzo Settore e da questa definizione vengono messi alla porta partiti e sindacati, la cui natura è sostanzialmente diversa dai punti cardine del resto dell’associazionismo.
IL TERZO SETTORE DOVRA’ DIVIDERE LE GIA’ IMPROBABILI RISORSE CON I “CUGINI” ESTERI?
Sempre nella giornata di oggi, simigliante più a una maratona che ad una votazione, ecco arrivare anche una sorpresa che con buona probabilità farà storcere il naso a una parte consistente del Terzo Settore nostrano. L’ordine del giorno in questione porta la firma della deputata di Per l’Italia Fucsia FitzGerald Nissoli che si muove in favore delle comunità italiane all’estero. Forzando un po’ la mano e con un buon giro di argomentazioni l’Onorevole Nissoli ha portato a casa l’impegno a far sì che “nella predisposizione dei prossimi decreti attuativi”, si abbia “cura di salvaguardare il patrimonio associazionistico italiano nel mondo, frutto del lavoro instancabile di generazioni di emigrati e che avrà un ruolo decisivo in ‘termini di rete’ anche in futuro”. In altri termini risorse pari a prima ma maggiormente frazionate.
IL NON-PROFIT ORA DIVERRA’ FOR PROFIT, L’ALLARME DEI 5 STELLE
E se da un lato l’entusiasmo è alle stelle il dissenso va di ora in ora crescendo e diffondendosi.
Soprattutto tra quelle forze politiche che nel tempo non hanno avuto né modo, né tempo di stringere legami di particolare prossimità con cooperative ed associazioni. I malpensati direbbero, insomma, che il punto di vista dei 5 Stelle sull’argomento appare più neutro di altri. Sono loro infatti a bollare la Riforma come una operazione “che in sostanza trasforma il non profit in profit: si finanziarizzano i bisogni dei cittadini e si delegano sempre piu’ all’esterno le competenze dello Stato, assegnando con fondi pubblici uno sconfinato campo di attivita’ sociali e culturali a soggetti privati, che potranno distribuire gli utili.
La parola chiave e’, come sempre, ‘appalti’: tu, partito, mi porti soldi, io ti porto gente ai gazebo delle primarie e se posso ti faccio piazzare persone -sottopagate- nell’azienda. E poi capita anche che la commessa finisca in subappalto ad un’altra azienda gestita dalla criminalita’ organizzata”. Il rischio paventato dalla giovane formazione politica è appunto che se oggi chiunque può scegliere di finanziare un’impresa sociale recuperando un tasso di debito comunque non superiore al 21% (legge anti-usura), dopo la Riforma sarà possibile investire nell’impresa sociale “rischiando” il capitale. In altre parole se oggi finanziare una non-profit può equivalere a recuperare l’importo erogato, dopo la Riforma si potrà investire nel capitale dell’organizzazione equiparando ricavi e perdite esattamente come in qualsiasi profit. Un gioco pericoloso aggravato dall’assenza di controllo.
PESA L’ASSENZA DI UN ORGANISMO CHE CONTROLLI IL SETTORE, IL RISCHIO DEL MOLTIPLICARSI DI “MAFIA CAPITALE”
Il sistema di per sé infatti potrebbe ancora essere letto nella sua chiave positiva se non fosse che in assenza di un’organismo di controllo (l’ultimo baluardo era l’Agenzia per il Terzo Settore, inspiegabilmente soppressa dal Governo Montindr).
Il Terzo Settore negli anni e nel passato recente ha mostrato di avere il suo interno diverse realtà più o meno “malate”, si va dagli scandali di Mafia Capitale, alle licenze per locali camuffate da onlus, passando per lo scandalo CIE sino al rappresentante antiracket che svolgeva in proprio l’attività.
Un rischio annunciato in questi giorni anche dal Presidente dell’Agenzia Anticorruzione Raffaele Cantone, che ha ricordato come “a breve potrebbero partire nuove inchieste riguardanti il mondo del sociale”. Tra le proposte decisamente particolare è apparsa quella dell’Onorevole Gelli, membro della Commissione Affari sociali ma al tempo stesso anche presidente del CESVOT Toscana, che non più tardi di qualche giorno fa ha lasciato intuire come la sola parte di “controllo” legata al 5 x mille ed alla trasparenza delle associazioni potrebbe essere affidata ai Centri di Servizio per il Volontariato, gli stessi che vedono al proprio interno sedere quasi tutte le grandi organizzazioni di volontariato e promozione sociale. Insomma che il controllato si controlli con i propri controllori. Un sistema anni luce indietro da quello francese e statunitense dove nel primo caso si è dato vita ad un vero e proprio Ministero dell’economia sociale, nel secondo con un giro d’affari di quasi 500 miliardi di dollari il fisco ha dedicato un intero comparto al monitoraggio, al controllo ed al sanzionamento. Fare il bene ma facendo bene, verrebbe da dire.
LA DEREGULATION RISCHIA DI DARE VITA AD UN MERCATO “AL RIBASSO”
Inoltre la deregolamentazione di coop e onlus, che godono di una fiscalita’ agevolata, con la riforma, è ragionevole immaginare che tenteranno un’ ingresso massiccio in nuovi mercati. Il che potrebbe causare fenomeni di concorrenza sleale nei confronti delle altre aziende. “Non solo: le piccole associazioni ne faranno le spese, lasciate indietro – incalza il Movimento 5 Stelle – a favore delle grandi entita’ che alle spalle hanno un politico o una corrente di riferimento”.
La quadra del cerchio, per i grillini, pare così essere una sorta di “golpe al rallentatore, si vogliono prendere anche un altro pezzo, i servizi sociali e la cultura, in un intreccio partitico-elettorale-clientelare-finanziario senza precedenti. Tutto sotto controllo, il piano procede come previsto: e’ la rinascita democratica, bellezza”.
Un’ipotesi forse troppo pessimista, eppure ci si stupisce guardando il voto contrario di ieri con cui il Pd ha bocciato la proposta del MoVimento 5 Stelle di vietare alle cooperative di finanziare i partiti.
SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE SI, MA NON TROPPO. MIGRANTI FUORI DALLA LEGGE
Nella giornata delle polemiche contro Salvini un risultato positivo lo porta a casa anche la Lega Nord che nella mattinata si era fatta sentire sul tema del Servizio Civile attraverso le parole del leghista Marco Rondini: “Il governo non pensi di utilizzare la pseudo-riforma del Terzo settore come una delega in bianco per estendere il servizio civile agli extracomunitari. Un cavallo di troia che rischia di svendere il Terzo settore agli immigrati e alle coop di mafia capitale”, visto che “il sistema dei controlli centralizzati ha gia’ dimostrato di non essere in grado di fare argine alle degenerazioni del sistema cooperativo”. Rondini si e’ poi scagliato contro “lo scippo delle competenze alle Regioni in materia di servizio civile, una misura che suona come una sfida alle richieste presentate dalla conferenza Stato Regioni di poter organizzare il servizio a livello locale”. Servizio civile bocciato anche dal Pd per chi cittadino italiano non è. LEGA NORD,
UNA VITTORIA A META’: “IL REGISTRO UNICO DEL TERZO SETTORE FAVORIRA’ CLIENTELISMI E SPRECHI”
Nel mirino della Lega anche l’”introduzione del registro unico nazionale, che assegna a Roma il monopolio del giudizio su enti e associazioni no profit che operano per lo piu’ a livello territoriale”. “Le competenze centralizzate rischiano di alimentare un sistema di sprechi, clientelismi e discriminazioni – ha avvertito il parlamentare leghista -. Due esempi: prima della regionalizzazione del servizio nel Comune di Caccamo vi erano 100 ragazzi in servizio civile su 8mila abitanti e per il Comune di Panettieri si approvo’ un progetto di assistenza agli anziani che prevedeva l’impiego di 30 volontari, a fronte di soli 65 residenti’ ultra65enni. L’allentamento dei meccanismi di controllo di prossimita’ rischia di aprire un nuovo fronte alla degenerazione del sistema che ha prodotto gli scandali di mafia capitale”. Ma viene da sé pensare che un registro unico, una “Confidustria del Terzo Settore”, come l’ha ribattezzata Giovanni Moro, è una comodità certa per chi come il Governo si troverà ad avere un unico interlocutore con cui poter decidere di un universo cosi complesso, senza dover star li ad ascoltare tutte le associazioni che in quello che fanno ci mettono il cuore.
COME UNA “PRIVATIZZAZIONE”, ORA LA PAROLA PASSA AL SENATO Il bilancio per adesso non pare essere dei più positivi seppure una riforma bisognava avanzarla. La sensazione pero è che come avvenne per la 266 del 1991 che approdo dopo lungo tempo rispetto alle fasi di concertazione “vere” e che di lì a qualche anno era già superata, oggi il rischio è il medesimo con l’aggravante di una corsa, ribadita oggi dal Sottosegretario Bobba: “Contiamo di arrivare all’approvazione definitiva entro luglio”, che ha più il sapore di una stelletta da mettersi in petto che non il raccogliere l’esigenza reale di un processo innovativo. Manca una stabilizzazione vera del 5 x mille, una detassazione dell’IVA per chi crea vere infrastrutture per la comunità, mancano i fondi salvo quelli delle Fondazioni bancarie distolti dal Governo al sociale per sanare gli impegni presi con L’UE, manca un controllo e manca su tutto lo spirito che in Italia diede vita a questo esercito di cinque milioni di persone. Uno schiaffo al contributo di milioni di cittadini impegnati nelle associazioni che negli anni sono divenuti colonna portante del nostro Paese, esempio magnifico di tutela della cultura e dei servizi sociali.
Riformare sta all’italiano come provare a migliorare, qui dovrebbe divenire rendere più agile quello che è il bene comune per antonomasia. Il rischio invece è di assistere all’ennesima privatizzazione, stavolta del tutto insensata. @CorriereSociale
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