Il presidente della commissione Sanità illustra il progetto: «Quattro dipartimenti, Zangrillo stenda con me la legge»
Fabio Rizzi, leghista, già senatore, oggi presidente della
Commissione Sanità e politiche sociali della Regione, è oggi uno dei nomi più
pronunciati di Palazzo Lombardia.
Il suo cognome è diventato sinonimo della riforma della Sanità.
Si aspettava tanto clamore sulla bozza Rizzi?
«Oggettivamente sì, perché stiamo procedendo a riformare, a
evolvere, il sistema sanitario lombardo, che ha dato grossi risultati, che
funziona, ma che ha bisogno di adeguamento. Sono passati 17 anni dalle legge 31
e la situazione sociosanitaria si è profondamente modificata con cronicità e
fragilità».
Pensate a un sistema più a misura degli anziani?
«Certamente degli anziani ma non solo. C'è più povertà e
meno protezione familiare. C'è meno presenza della famiglia ed è più facile l'abbandono
dei fragili. Anche i disabili hanno meno autotutela da parte delle famiglie.
Ma pensiamo anche alla vecchiettina che si è rotta il femore e che poi va
assistita a casa. Non si possono più separare le due cose: sanità e assistenza
sociale».
Ncd contesta la proposta dell'Aisa, che crea una rete unica tra
offerta ospedaliera, sanitaria, territoriale e sociale. Sostiene che è a misura
del sistema pubblico e danneggia il privato.
«Dissento profondamente da questa posizione di Ncd. È una
grande, nuova opportunità per il privato di cimentarsi nel campo della
territorialità e della cronicità, per loro finora poco esplorato. Anzi, mi
aspetto che le soluzioni innovative del privato migliorino ulteriormente
l'offerta e siano di stimolo per il pubblico».
Il professor Zangrillo, San Raffaele, uno dei saggi della
sanità, è contrario al megassessorato Sanità e Welfare.
«Comprendo perfettamente il dubbio di Alberto Zangrillo di non
correre il rischio, nello spostare troppo il baricentro dall'ospedale al
territorio, di perdere l'eccellenza ospedaliera e sanitaria. Ma una soluzione
si può trovare. Resta prioritaria la necessità di una regia unica, ma nel nuovo
assessorato unico bisognerà creare una struttura con dipartimenti che possano
seguire operativamente l'andamento dei singoli settori».
Quanti e quali dipartimenti?
«Possono essere quattro. Uno per la programmazione e uno per
l'erogazione dei servizi. Un altro è la superspecialità ospedaliera, che
seguirà le grandi eccellenze. E poi il dipartimento implementazione
ospedaliero- territoriale: dalla medicina di base all'assistenza sociale. La
regia unica serve per spostare risorse ed evitare scontri tra gli assessorati
alla Sanità e al Sociale».
Zangrillo teme che si possano intorbidare le acque.
«No, con i paletti giusti. Anzi, accolgo di buon grado la
disponibilità di Zangrillo a confrontarsi, situazione che potrà ulteriormente
migliorare il testo della legge. Credo che abbia molto da dire e spero di
lavorare a quattro mani con lui. Lo invito a stendere la legge con noi. Lui mi
ha dato disponibilità a collaborare, lo inviterò ai lavori dei gruppi tecnici.
Parliamo lo stesso linguaggio: veniamo entrambi dalla sala operatoria».
Sono sempre così difficili i rapporti con il ministero della
Sanità?
«L'intenzione di ricentralizzare la sanità, espressa dal
ministro e dal governo, frena le regioni che stanno volando e cioè
Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Basilicata. Mi
conforta l'assoluta criticità di Zangrillo verso il ministro. Nella nostra
legge ci sono diversi sganciamenti dalla sanità romana. Il Consorzio sui
farmaci va a contrapporsi ad Afa. Il contratto di lavoro lombardo vuol dare
nuovo slancio alle nostre strutture. Puntiamo a svincolare il nostro sistema
dalle pastoie burocratiche anacronistiche romane».
Mantovani chiede il megassessorato per Forza Italia.
«Forza Italia vede male l'assessorato unico e sarà uno scoglio.
A noi va bene che sia di Forza Italia, purché sia unico. Sarà la politica a
scegliere se è preferibile una figura tecnica o politica».
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