La Corte Costituzionale boccia il blocco pensioni superiori a
tre volte il minimo previsto dalla Riforma Fornero, non rispetta
proporzionalità e adeguatezza: il Il blocco pensioni superiori a tre volte il minimo
stabilito dalla Riforma Pensioni Fornero (decreto
201/2011, il cosiddetto Salva Italia) è illegittimo: lo ha
stabilito laCorte
Costituzionale, con la sentenza numero 70/2015.
Una pronuncia che crea un problema immediato per il Governo. Restituire
l’adeguamento all’inflazione ai circa 6 milioni di pensionati che per gli anni
2012 e 2013 hanno avuto un assegno previdenziale bloccato potrebbe costare fino
a 10 miliardi di euro.
=> Tetto
pensioni: il calcolo dal 2015, istruzioni INPS
La
sentenza della Consulta boccia in particolare il comma 25 dell’articolo 24 del Dl 201/2011. La
Corte ribadisce un principio già espresso in passato relativo agli articoli
36 e 38 della Costituzione, che
assicurano i principi di:
«Proporzionalità
e adeguatezza» dellepensioni,
che «non devono sussistere soltanto al momento del collocamento a riposo, ma
vanno costantemente assicurate anche nel prosieguo, in relazione ai mutamenti
del potere d’acquisto della moneta», e stabiliscono che la pensione debba
costantemente essere adeguata alle retribuzioni del servizio attivo.
Con
una sentenza del 2010 la Corte Costituzionale aveva già stabilito l’obbligo,
per il legislatore, di:
«Dettare la disciplina di un adeguato
trattamento pensionistico, alla stregua delle risorse finanziarie attingibili e
fatta salva la garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione
della persona».
E
vengono citate anche altre sentenze che impongono il rispetto del criterio diragionevolezza, che
deve scongiurare:
«Un non sopportabile scostamento fra
l’andamento delle pensioni e delle retribuzioni».
=> Riforma
pensioni INPS: le anticipazioni di Boeri
Il
legislatore deve anche
«Individuare idonei meccanismi che
assicurino la perdurante adeguatezza delle pensioni all’incremento del costo
della vita».
Dunque,
il rispetto del dettato costituzionale:
«Circoscrive la discrezionalità del
legislatore e vincola le sue scelte all’adozione di soluzioni coerenti con i
parametri costituzionali».
La
Corte argomenta anche che in passato erano state invece accettate altre
analoghe misure di blocco pensioni, come quella del 2008 sulla rivalutazione per le pensioni superiori a otto volte il
minimo, perché riguardava trattamenti di importo piuttosto
elevato, quindi con margini di resistenza all’erosione determinata
dall’inflazione tali da non determinare la violazione del principio di
eguaglianza. In quel caso, insomma, prevaleva la ratio distributiva del
sacrificio imposto, a conferma di un principio solidaristico.
Il
blocco pensioni stabilito invece dal decreto 201/2011 (che lo ricordiamo, ha riguardato i
trattamenti superiori a 1443 euro) viola i limiti di ragionevolezza e
proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del
trattamento previdenziale. Risultato: la misura è incostituzionale. Come detto,
questo pone il problema di restituire il dovuto ai circa 6 milioni di
pensionati che sono stati interessati dalla norma. Il Governo è già al lavoro per trovare una
soluzione, con diverse ipotesi allo studio.
Fra
le reazioni, citiamo
quella dell’ex premier, Mario Monti, che
sottolinea come scelta fu necessaria per evitare che l’Italia venisse
“commissariata” dalla Troika. L’ex ministro del Lavoro, Elsa
Fornero, sottolinea che la scelta fu collegiale, quindi
condivisa dal Governo, e particolarmente sofferta (fu la famosa conferenza
stampa in cui al ministro vennero le lacrime agli occhi). I sindacati esprimono sostanziale approvazione per
la sentenza. Il dibattito fra i partiti è acceso e si concentra sui correttivi
necessari alla Riforma delle Pensioni Fornero. Fra le PMI, il presidente di
Confcommercio Carlo Sangalli propone di reperire le risorse per
coprire il buco da tagli alla spesa pubblica improduttiva. (Fonte: sentenza numero 70/2015 Corte Costituzionale).
Fonte http://www.pmi.it/
Fonte http://www.pmi.it/
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