[NAPOLI – Una lettera scritta a mano. Undici righe dalla calligrafia per nulla incerta, nonostante l’estensore sia un vecchietto. E — oltre al tratto — è decisa anche la presa di posizione: «Noi da qui non ci muoviamo». La firma è quella dei quattordici ospiti (una donna e tredici uomini) della «Casa di riposo Giuseppe Signoriello». È quella che l’omonimo imprenditore tessile donò a Napoli con un testamento olografo pubblicato il 24 novembre del ’40. E che aveva deciso di rendere autosufficiente lasciando alla città anche Palazzo Cavalcanti e altri due immobili, che «messi a reddito» avrebbero consentito di coprire le spese necessarie alla gestione dell’Istituto. Settantacinque anni dopo, come hanno denunciato gli eredi, di quella beneficenza è restato poco o nulla. Il Comune di Napoli, infatti, ha «trasferito la proprietà di alcuni appartamenti di Palazzo Cavalcanti», trascurando «con assoluta negligenza» il patrimonio che era stato destinato alla casa di riposo.
E, soprattutto, vorrebbe riconvertire quella struttura e trasferire gli anziani. I quali, adesso, hanno deciso di far sentire la propria voce. «Gentile direttrice — si legge nella lettera — sappia che siamo tutti uniti e d’accordo a rimanere qui alla casa di riposo, e nessuno potrà distoglierci dal nostro proposito. Sappia, inoltre, che così si oltraggia la memoria di un’anima nobile: quella di Giovanni Signoriello (in realtà si chiamava Giuseppe, ndr ), che fondò tale casa di riposo per i poveri diseredati e vecchi e stanchi e bisognosi». Giulietta Chieffo — direttrice del «Servizio politiche di inclusione sociale» del Comune di Napoli che ha la competenza sulla struttura — spiega che «è un bene far luce su ciò che è accaduto, perché serve a evidenziare un problema che esiste».
Quanto al destino immediato degli anziani, invece, le speranze che possano restare lì sono poche: «È necessario mettere in sicurezza la casa di riposo, ed è ovvio che per fare ciò gli ospiti dovranno essere trasferiti. Se lei chiama un’impresa per fare i lavori in casa che fa, ci resta dentro?». La dirigente ha anche scritto «diverse volte» all’assessorato al Patrimonio per avere notizie di Palazzo Cavalcanti. «Ho letto il testamento di Giuseppe Signoriello, un animo nobile e lungimirante. E per questo voglio assicurare che lavoreremo solo per aiutare gli anziani». Già, ma i tempi? «Quelli non li conosco».
E sulla vicenda interverrà adesso anche la Comunità di Sant’Egidio, che si occupa dell’assistenza di quelle persone. L’obiettivo è evitare che i vecchietti vengano spediti ad Acerra, acuendo il loro isolamento sociale. La proposta alternativa prevede la loro sistemazione a San Nicola al Nilo, una struttura comunale oggi occupata abusivamente. Mario De Finis, l’uomo della Comunità che da sempre segue gli anziani, racconta che «sono quasi vent’anni che, in compagnia di signore di Secondigliano, andiamo a trovare questi vecchietti. Sono persone con storie difficili alle spalle fatte di miseria, degrado e abbandono, ma hanno una straordinaria dignità e cercano compagnia». E, proprio per questo, «allontanarle sarebbe un delitto, una deportazione. La soluzione migliore è lasciarli lì, non sradicarli da quello che è diventato il loro mondo, la loro geografia».
Trasferirli, insomma, significherebbe «tradire lo spirito originario del benefattore». Ma, se proprio lo si vuol fare, «chiediamo almeno che il Comune ascolti la loro voce, i loro bisogni, le loro richieste». E a Napoli, del resto, risuona ancora il monito di Papa Francesco: «Scartare gli anziani è vile».]
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