Il caso di un cliente che nel 1989 ha acquistato due Buoni
Fruttiferi Postali da 5 milioni di lire. E oggi ha incassato molto meno del
previsto
Quali vantaggi hanno i Buoni Fruttiferi Postali
I rendimenti non sono più così generosi, ma i Buoni
Fruttiferi Postali hanno ancora oggi diversi vantaggi: sono
particolarmente sicuri perché garantiti dallo Stato. Inoltre, non hanno costi
di sottoscrizione e rimborso, salvo gli oneri fiscali, godono di una tassazione
agevolata al 12,50%, sono esenti da imposta di successione e danno la
possibilità di richiedere in qualsiasi momento il rimborso del capitale
investito.
Trattandosi naturalmente di investimenti a lunga scadenza, le
cose cambiano. Soprattutto i mercati, i tassi e il sistema economico nel suo
complesso. Proprio per questo motivo le Poste possono decidere unilateralmente
di modificare il rendimento dell’investimento iniziale. E lo possono fare anche
retroattivamente, senza esplicita comunicazione.
Il caso
È esattamente quanto accaduto a un cliente di Poste
Italiane della provincia di Belluno. Il signor Giobbe Mastellotto nel
1989 ha acquistato due Buoni Fruttiferi Postali da 5 milioni di lire.
Secondo le condizioni riportate chiaramente sul Buono,
passati 30 anni, il signore avrebbe diritto a incassare oggi 61.719,45 euro per
ciascun Buono, e cioè un totale di 123.438,90 euro. Ma le Poste gli hanno
liquidato solo 27mila euro a Buono. Una perdita, dunque, di circa 68mila euro
totali.
“Avevo letto di casi in cui le Poste hanno applicato
tassi sfavorevoli e così, per gestire la questione, mi sono affidato a uno
studio legale” racconta Mastellotto.
Il problema dei Buoni già obsoleti
I Buoni che venivano fatti sottoscrivere ai risparmiatori –
spiegano dallo studio legale Righes a cui Mastellotto si è rivolto –
presentavano nella parte posteriore una tabella che era già obsoleta al
tempo in cui veniva fatta firmare, ma ovviamente la persona non lo sapeva.
Erano Buoni delle serie precedenti e avevano tabelle con i tassi precedenti più
favorevoli, ma Poste li aveva aggiornati con alcuni timbri. Nel caso di
Mastellotto c’è addirittura un doppio timbro, situazione neanche prevista dai
decreti.
Cosa successe allora? Che nel 1986, quando l’inflazione scese
al 4,2% (dal 12,30% del 1983), il decreto che emanava la nuova serie “Q” di
Buoni Fruttiferi Postali variò i rendimenti promessi, in senso negativo.
L'”accusa” a Poste
Ma Poste non stampò nuovi Buoni, continuando ad utilizzare la
modulistica delle serie “P” e “O”, che riportavano i vecchi rendimenti più
vantaggiosi, aggiornandoli solo con l’apposizione di timbri in cui indicavano,
sul fronte, la nuova serie “Q”, e nel retro, i nuovi rendimenti. Il problema è
che i timbri erano incompleti e riportarono i rendimenti solo per i
primi venti anni, senza andare a modificare quelli dal 21° al 30°.
È proprio il caso del signor Mastellotto. Il Buono è del 1982 serie “O”, ma
nel 1989, all’atto di sottoscrizione, gli apposero il timbro della serie “P” e
poi “QP”. Questo Buono prevede dal ventesimo al trentesimo anno 900 euro circa
ogni due mesi. “Ma è stato aggiornato in maniera incompleta”, e il cliente,
basandosi sulle condizioni riportate sul retro, non ha mai posto il problema.
“D’altronde i Buoni – sottolineano ancora dallo studio Righes – sono
caratterizzati da semplicità e chiarezza nell’individuazione della somma
investita e dei rendimenti dovuti, nominativi e pagabili a vista”.
Nessun commento:
Posta un commento