Il Sars2-CoV-19 non è il
virus più contagioso al mondo, ma è nuovo. E la misura di prevenzione
fondamentale è l'igiene personale
Non è il virus più
contagioso che esista, il Sars2-CoV-19. Ha una
capacità di diffondersi solo di poco superiore a quella del normale ceppo
dell’influenza che circola ogni inverno. E soprattutto non è il
responsabile di un’emergenza globale dopo tanti anni, proclamata
ovviamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Conoscere il nemico e le sue
caratteristiche ci può aiutare a mantenere i nervi saldi evitando accaparramenti
di scorte alimentari, mascherine inutili per proteggersi se non ci si trova in
ambienti sanitari e altre reazioni immotivate.
Ciò che conta, come sempre
in caso di infezioni virali, è sempre l’igiene personale (vedi le
10 regole del ministero della Salute): lavarsi spesso (e bene) le
mani è la prima, fondamentale misura di prevenzione.
Quanto può infettare il
virus
Quando si parla di una
malattia infettiva sono due i parametri che occorre sempre tenere presenti per
definirne correttamente i contorni. Da un lato c’è la capacità del
virus di infettare, che ovviamente non è la stessa per tutti i diversi
ceppi, anche in base alle vie di trasmissione, dall’altro va sempre considerata la
popolazione potenzialmente sensibile.
Per il coronavirus in
questione, le potenzialità di contagio sono elevate ma non
certo da record, si stima che l’indice di contagiosità sia di circa 2,5. Il che
significa che una persona che ha contratto l’infezione sarebbe in grado di
trasmetterla, in base ai modelli matematici, a due persone e mezzo in
media.
Tanto per fare un esempio,
l’indice di contagiosità dell’influenza stagionale è solo di poco inferiore e
ci sono altri virus che, potenzialmente, hanno una capacità di diffondersi ben
più significativa. Pensate ad esempio a quanto accade in caso di un’epidemia di
morbillo o di varicella. In questi circostanze l’indice di contagiosità è molto
più alto: ogni persona può teoricamente infettarne da 12 a 18.
È a questo punto che però la
situazione cambia ed entra in gioco il secondo parametro: mentre per il morbillo
o la varicella l’epidemia tende comunque ad estinguersi perché ci sono molte
persone che hanno contratto l’infezione o sono vaccinate quindi spezzano la
catena, nel caso del Sars-CoV-2019 in
pratica non esistono contromisure diffuse da parte del sistema
immunitario delle persone.
Il motivo? È un
virus nuovo, completamente diverso da quelli che ci è capitato di
incontrare, e quindi l’organismo non dispone di “soldati”, cioè di anticorpi,
mirati nei suoi confronti. Per questo bisogna pensare a misure come l’isolamento
e la quarantena, visto che per ora non esiste un vaccino.
Solo “fermando” le possibilità di diffusione del virus, infatti, si può
arginare la situazione dilazionando nel tempo i casi.
Chi rischia di più
Come dimostrano le cronache
di questi giorni, i casi più gravi e mortali di coronavirus
tendono a concentrarsi nelle persone anziane, specie se già
presentano patologie. Si ripete esattamente, quindi, ciò che accade per
l’influenza: il virus può diventare la goccia che fa traboccare il vaso di un
equilibrio non proprio ottimale dell’organismo, scatenando quindi una serie di
eventi potenzialmente gravi.
La prova viene anche da una
ricerca che ha preso in esame quanto accaduto in Cina, pubblicata su Chinese
Journal of Epidemiology : in base allo studio, e facendo sempre i
conti con la situazione emergenziale in termini di assistenza che l’epidemia ha
creato in Cina, la mortalità è stata più alta nelle persone con più di
80 anni e in caso di presenza di malattie cardiovascolari e
respiratorie croniche o diabete.
In generale, sempre stando a
questa fonte, che ha preso in esame oltre 72.000 pazienti, per un totale
di poco meno di 45.000 casi confermati, in genere e considerando tutte le
età, la mortalità appare più alta nei maschi rispetto alle femmine.
Un’ultima segnalazione da
fare. Dall’inizio del nuovo millennio, l’0rganizzazione Mondiale della sanità
ha lanciato altre emergenza globali: dalla Sars si
è passati all’influenza suina nel 2009, per giungere poi al timore per la
riaccensione di alcuni focolai di poliomielite fino ai virus Ebola e Zika.
Insomma. Occorre rimanere calmi, proteggersi e, in caso di sintomi
come febbre, tosse, mal di gola, non andare in ospedale ma informarsi
telefonicamente con il proprio medico o con i numeri di
servizio 112 e 1500.
Federico Mereta GIORNALISTA SCIENTIFICO
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